Droghe, concetto di “ingente quantitativo” non chiaro: si va alle Sezioni unite

Parte da un processo celebratosi a Reggio Calabria una vicenda che potrebbe seriamente modificare quanto sino ad oggi deciso dai giudici sul tema. Accolti i rilievi degli avvocati difensori

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di C. M.
26 settembre 2019
18:53

La IV Sezione penale della Corte di Cassazione, nel valutare il ricorso per cassazione dei difensori dell’imputato, ha deciso di demandare la questione alle Sezioni unite per definire i contorni dell’aggravante dell’ingente quantitativo, ex art. 80 comma II L. 309/90, per quanto riguarda le c.d. droghe leggere e risolvere il contrasto apparente rilevato nella giurisprudenza di legittimità.

 


L’imputato era stato condannato dalla Corte di Appello di Catanzaro per coltivazione di marjuana ed era stata ritenuta sussistente l’aggravante dell’ingente quantitativo.

 

Gli avvocati Giunta e Capria contestavano in via principale la sentenza di condanna di primo grado rilevando l’estraneità del proprio assistito ed in subordine chiedevano che venisse ritenuta insussistente l’aggravante dell’ingente quantità.

 

L’avvocato Giunta, anche attraverso il supporto tecnico di una consulenza scientifica redatta dal chimico Alessandro Teatino, muoveva deduzioni circa il metodo di campionamento dello stupefacente e la valenza dell’esame finalizzato al rilievo del principio attivo drogante della marjuana.

 

La Corte di Appello di Catanzaro rigettava l’appello in punto di responsabilità dell’imputato, contestata dagli avvocati Giunta e Capria, e confermava la sussistenza dell’aggravante ritenendo che il valore massimo in milligrammi andava rapportato alla moltiplicazione di 2000 volte secondo la nota sentenza a Sezioni Unite del 2012.

 

Gli avvocati Gianfranco Giunta (foto a destra), Francesco Capria e Francesco Calabrese (foto in basso) impugnavano la sentenza di condanna su vari profili, tra cui, contestavano la sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantitativo alla luce di un indirizzo giurisprudenziale che stabiliva che il valore minimo in milligrammi andava moltiplicato per 4000 volte e non già per 2000 volte per come stabilito dalla Corte di Appello del capoluogo calabrese rifacendosi alla nota sentenza delle Sezioni Unite del 2012.

 

Più precisamente nel ricorso per cassazione dell’avvocato Calabrese e nella memoria difensiva redatta dall’avvocato Giunta depositata prima dell’udienza in Cassazione si ribadiva il nuovo indirizzo giurisprudenziale secondo cui i nuovi criteri indicati in giurisprudenza stabilivano che la moltiplicazione va rapportata a 4.000 volte il valore massimo in milligrammi che, nel caso del ricorrente, prendendo in considerazione il risultato di principio attivo scaturito dalle analisi chimiche, produceva un risultato evidentemente inferiore alla soglia base da superare concretamente per analizzare la sussistenza dell’ingente quantitativo.

 

Sicchè, secondo la difesa, l'ordine di considerazioni che precede induceva a rilevare la sindacabilità della valutazione effettuata dai Giudici di merito rispetto alla accertata consistenza del dato ponderale di riferimento, relativo alla complessiva sostanza stupefacente caduta in sequestro, tale da aver ritenuto erroneamente integrata la circostanza aggravante della ingente quantità.

 

La difesa rilevava come in seno alla Corte di Cassazione si registravano, infatti, delle decisioni ove si affermava che, in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti del tipo "leggero", l'aggravante della ingente quantità di cui all'art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, non è di norma ravvisabile quando la quantità di principio attivo è inferiore a 4000 volte (e non 2000, come già affermato dalle Sezioni Unite) il valore massimo in milligrammi (valore - soglia), determinato per detta sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006.

 

Per cui, nel caso di specie, secondo l’avvocato Calabrese atteso che non era stata superata la soglia minima di principio attivo, secondo i calcoli matematici stabiliti negli ultimi arresti giurisprudenziali per determinare la quantità media ricavabile, non era ravvisabile la detta aggravante.

 

Prima dell’intervento orale dell’avvocato Calabrese dinanzi la IV sezione penale della Cassazione all’udienza del 10 settembre, anche il Procuratore Generale aveva invocato che la questione circa i criteri applicativi dell’ingente quantitativo fosse rimessa alle Sezioni Unite e difatti il Collegio con ordinanza depositata il 19 settembre ha investito della problematica le Sezioni Unite rilevando il contrasto giurisprudenziale circa i criteri applicativi dell’aggravante prevista dall’art. 80 comma II DRP 309/90 che dovranno definitivamente stabilire se “con riferimento alle cd. "droghe leggere", la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del D.L. 20 marzo 2014 n. 36 convertito con modificazioni nella legge 16 maggio 2014, n. 79, imponga una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell'accresciuto tasso di modulazione normativa, oppure mantengano validità, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi del comma 1 bis dell'art. 75 d.P.R. n. 309 del 1990 e ss.mm .ii., i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile di cui alla sentenza delle SS.UU. n. 36258 del 24 maggio 2012.

 

Le Sezioni unite si occuperanno anche di affrontare i temi difensivi circa l’estraneità alla vicenda dell’imputato e ulteriori profili di critica alla sentenza di condanna su cui sin dal primo grado gli avvocati Giunta e Capria hanno posto la loro difesa ed anche in Cassazione sono stati riproposti.

Giornalista
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