Rinascita Scott, Vibo come Gomorra: quei minori massacrati per uno sgarro

VIDEO | Il pentito Andrea Mantella si accusa di tre omicidi del 1990 e rimasti fino ad ora irrisolti. La Dda sta vagliando le dichiarazioni

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di Francesco Altomonte
21 dicembre 2019
10:54

Due diciassettenni trucidati per avere rubato i proventi di una rapina alla cosca; un altro morto per il quale il killer che lo ha ucciso dice di non conoscerne il motivo.

Nuovi macabri particolari emergono dalla carte della maxinchiesta “Rinascita Scott”. Tre omicidi che vengono portati dalla luce da un passato lontano grazie alle dichiarazioni di Andrea Mantella, ex killer della cosca Lo Bianco, ex scissionista con velleità da boss e infine collaboratore di giustizia.

Dei tre delitti si apprende parlando di un altro omicidio, quello del picciotto Filippo Gangitano, ammazzato dal clan Lo Bianco-Barba tra il 2001 e il 2002, perché omosessuale. Nell’accusarsi di quel delitto, Mantella dichiarata che insieme a Gangitano avrebbe commesso altri tre omicidi per conto del clan vibonese. Il primo fatto di sangue è il duplice omicidio di ragazzi di 17 anni: Rosario Tavella e Francesco Callipo. 

«Io forse ero minorenne – dice il pentito - e il fatto avvenne su una strada sterrata che conduce ad una condotta di acqua, nella zona del carcere, in località Castelluccio».

Secondo Mantella, Tavella e Callipo erano due rapinatori assoldati dal clan Lo Bianco-Barba per compiere un colpo in un bar ricevitoria.

«I due fecero quella rapina con Lagrotteria Giovanni – spiega Mantella - dopo aver preso i soldi, che poi abbiamo saputo essere 20 milioni di lire, scapparono a bordo di due moto, solo che, anziché portare la moto, le armi ed il bottino al luogo stabilito… fecero un’altra strada e non si presentarono».

I due ragazzi dissero che avevano buttato le armi e la busta con il bottino. Nella cosca le indagini interne portarono a una convinzione, i due avevano fatto i furbi fregando i soldi, e a una sentenza: dovevano essere uccisi. 

«Nei giorni seguenti, Carmelo Lo Bianco, il capo della cosca (deceduto nel 2014 ndr), mi convocò (e) mi disse che “questi figli di puttana” si erano presi i soldi e che dovevamo fargliela pagare uccidendoli».

«Pino Barba organizzò una trappola… poi non venne sul luogo dell’agguato, disse loro di venire con me, Filippo Gangitano e Renato Furlano a prendere l’occorrente per fare la rapina… giunti in quel posto, non appena Tavella mi chiese dove stavano i mezzi, è morto subito, poi ho colpito anche Callipo, viceversa, non è morto subito, ma è stato finito... da Gangitano e Furlano con delle sassate in testa». 

La Dda sta ancora cercando riscontri sulle dichiarazioni di Mantella e mandanti ed esecutori materiali di quel duplice omicidio non sono formalmente accusati di nulla.

Così come per l’omicidio di Michele Neri, avvenuto l’anno prima a Vena di Ionadi. I killer sarebbero stati Mantella e Gangitano, senza sapere neanche il perché stessero ammazzando quell’uomo.


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