La decisione

Ergastolo ostativo, la Cassazione: «Riesame sulla liberazione condizionale anche per chi non si è pentito»

La Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso di un detenuto del carcere de L’Aquila che in base alla riforma potrebbe accedere ai benefici penitenziari previsti fino a poco tempo fa solo dagli ergastolani che avevano deciso di collaborare con la giustizia

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di Redazione
8 marzo 2023
13:11

«Il Collegio odierno ha annullato l'ordinanza impugnata, così come richiesto anche dalla Procura Generale. L'annullamento è stato disposto con rinvio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila affinché, alla luce della nuova disciplina, valuti con accertamenti di merito preclusi al giudice di legittimità la sussistenza o meno dei presupposti ora richiesti dalla legge per la concessione dei benefici penitenziari ai detenuti per reati cd. ostativi non collaboranti». Questo uno dei passaggi con i quali la Cassazione spiega l'accoglimento del ricorso della difesa di un detenuto che non ha collaborato ed è in cella da 30 anni.

In particolare, oggi la Prima sezione penale ha deciso il ricorso di Salvatore Francesco Pezzino contro l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di L'Aquila che gli aveva negato la liberazione condizionale - spiega la Cassazione - «in ragione della mancata collaborazione con la giustizia (e preso atto dell'assenza della cd. collaborazione impossibile"). Il verdetto fa seguito alla restituzione degli atti alla Corte di cassazione che era stata disposta dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 227 del 10 novembre 2022.


Ai giudici della Consulta «era stata rimessa la questione di legittimità costituzionale delle norme del cd. ergastolo ostativo, perché era sopraggiunta una nuova disciplina per l'accesso ai benefici penitenziari per i detenuti non collaboranti con condanna all'ergastolo per reati cd. ostativi (d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv. con modificazioni con la l. 30 dicembre 2022, n. 199)».

Ora tutta la vicenda torna all'attenzione del Tribunale di sorveglianza de L'Aquila che non era mai entrato nel merito del caso Pezzino ritenendo che, con le vecchie norme, l'assenza della collaborazione gli precludesse in ogni caso la liberazione condizionale che gli avrebbe consentito di uscire dal carcere dopo 30 anni di cella.

 

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