Fatture scomparse all'Asp di Cosenza, la replica dei creditori: «Se è una truffa, siamo parte lesa»

Gli amministratori delle società che hanno acquisito i crediti dalle strutture sanitarie calabresi e hanno intimato i pagamenti all'Azienda sanitaria chiariscono la loro posizione sull'assenza di documenti che ne attestino l'esigibilità

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24 novembre 2020
20:29
La sede dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza
La sede dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza

Riceviamo e pubblichiamo la seguente richiesta di rettifica, a firma di Antonio Caricato (presidente del Cda di ToRo 1 Srl, Arrow Spv Srl, Tocai Spv Srl, Astrea Quattro Spv Srl) e Manlio Genero (amministratore unico di Pjt2411 Spv Srl):

In rettifica all'articolo apparso sul sito web lacnews24.it, si segnala ai lettori che le SPVs hanno sempre acquistato i crediti oggetto di cartolarizzazione con modalità trasparenti. All'atto dell'acquisto, le SPVs hanno sempre ricevuto i documenti che provano l'esistenza dei crediti (fatture, bolle di accompagnamento, contratti o atti da cui origina ciascun credito). Inoltre, le SPVs hanno chiesto e ottenuto dalle società cedenti i crediti ampie garanzie sulla esistenza ed esigibilità dei crediti oggetto di cessione, nonché sulla legittimità e validità dei contratti da cui i crediti derivano.
Ancora, le SPVs hanno sempre dato comunicazione di tale acquisto all'Asp di Cosenza mediante comunicazione a mezzo pec e apposita pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Infine, le SPVs stanno riscuotendo i crediti in questione mediante il ricorso a legittime azioni giudiziarie, chiedendo dunque ad un giudice terzo ed imparziale di verificare l'esistenza del credito. Si segnala, pertanto, che l'unico ipotetico tentativo di truffa configurabile ai danni del Sistema Sanitario Regionale in dipendenza di operazioni di cartolarizzazione dei crediti sanitari – laddove effettivamente sussistente – potrebbe al limite essere riconducibile ai soli soggetti cedenti i crediti in favore delle SPVs.
Per tali ragioni, qualora una simile ipotesi di truffa fosse confermata, ognuna delle SPVs menzionate nell'articolo assumerebbe il ruolo di parte lesa dal reato, al pari del Sistema Sanitario Regionale stesso. La presente rettifica è doverosa alla luce dell'intervenuto accertamento in merito alla trasparenza e alla legalità che caratterizza i rapporti tra le società SPVs e la Pubblica Amministrazione.

 


Risponde Camillo Giuliani

L'articolo contestato verte, fin dal titolo, sul caos che caratterizza la contabilità dell'Asp di Cosenza, un'azienda sanitaria con gravissimi problemi di bilancio. E di quest'ultima riporta estratti di documenti, protocollati nei giorni scorsi, da cui si apprende l'assenza di fatture relative a una cifra considerevole, 12 milioni di euro.

Soltanto pochi mesi fa la Corte dei Conti ha evidenziato il contenuto della relazione del collegio sindacale dell'Asp stessa, che attesta quanto segue: «L'Azienda non è in grado di identificare con certezza la matrice sulla cui base i pagamenti vengono liquidati, questa situazione espone la stessa al rischio di remunerare più di una volta lo stesso importo per il medesimo debito».
I pareri sui crediti rivendicati dalle SPVs protocollati dalle due dirigenti e citati nell'articolo confermano il perdurare di questa situazione che – è ancora la Corte a riportarlo – «impedisce all'azienda di utilizzare risorse di bilancio, sottraendo soldi pubblici finalizzati ad una ragione importante come la tutela della salute».


Nessuna contestazione alla trasparenza delle modalità di acquisizione dei crediti da parte delle SPVs è presente nell'articolo, così come sulle comunicazioni di queste ultime all'Asp circa l'ammontare dei crediti.

Il problema è che a non avere le fatture indicate nelle comunicazioni è l'Asp. Implica due diverse conseguenze, entrambe a danno dei cittadini calabresi e del loro diritto alla salute. La prima è che si potrebbe pagare un credito non documentato a dovere, che le SPVs potrebbero aver acquisito in buona fede – ritrovandosi, come sottolineato nella replica, parte lesa al pari del Sistema sanitario regionale – senza che fosse esigibile come ritenenevano. Il fatto stesso che tocchi a un giudice terzo doverlo valutare lo conferma, tanto quanto la richiesta della dottoressa Bernaudo al commissario Bettelini e all'avvocato Brogno sul da farsi. La seconda è che alle somme da versare, verificata invece la loro piena e legittima esigibilità, si aggiungano interessi e altre spese per il ritardato pagamento dovuto al mancato ritrovamento delle fatture.
Due rischi di cui è giusto che i lettori, come contribuenti, siano informati, nonostante la richiesta degli amministratori delle SPVs di rimuovere l'articolo che accompagna la rettifica pubblicata sopra.

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