Fratelli calabresi uccisi in Sardegna, l'inchiesta si chiude con tre indagati

Oltre a Joselito e Michael Marras, padre e figlio accusati del delitto, c'è una terza persona. Quest'ultima dovrà rispondere di favoreggiamento

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di Redazione
12 febbraio 2021
18:26
Davide e Massimo Mirabello
Davide e Massimo Mirabello

Omicidio volontario in concorso. È questa l'accusa finale contestata dal pubblico ministero di Cagliari, Gaetano Porcu, all'allevatore di Dolianova Joselito Marras, 53 anni, e al figlio Michael, di 28, in carcere da 11 mesi con l'accusa di aver ucciso i fratelli calabresi Davide e Massimo Mirabello, di 40 e 35 anni, nelle campagne del paese del sud Sardegna nel febbraio 2020.

Oggi il magistrato inquirente ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari agli avvocati difensori Patrizio Rovelli e Maria Grazia Monni. Pochi giorni fa il medico legale incaricato dalla Procura aveva consegnato la sua relazione conclusiva in merito all'autopsia che aveva confermato come Davide Mirabello fosse morto immediatamente a causa di una fucilata, mentre il fratello avrebbe subito una frattura del cranio, con una conseguente emorragia che gli avrebbe fatto perdere i sensi. È probabile - aveva segnalato il medico legale - che nel momento in cui è stato abbandonato in campagna fosse ancora vivo e agonizzante. All'origine del fatto di sangue vi erano vecchi attriti tra i Marras e i Mirabello legati al pascolo del gregge.


Prima litigi, poi accuse sull'uccisione di un cane, l'incendio di una Ape Piaggio e di un capanno e, infine, una brutale aggressione ai danni di Michael Marras. Il 9 febbraio dello scorso anno, poi, i due fratelli calabresi scompaiono nel nulla: i carabinieri impiegano settimane a chiudere il cerchio su Joselito Marras e sul figlio che poi vengono arrestati. Il padre alla fine confessa e fa ritrovare i corpi, ma scagiona il figlio dall'omicidio. Per ora il pm Pocru non ha creduto a quell'assunzione di responsabilità, contestando il concorso nell'omicidio - ma non la premeditazione - ad entrambi. Il compaesano Stefano Mura, 43 anni, è invece accusato di favoreggiamento personale per aver detto di aver trovato un coltello il giorno del delitto, ma - secondo l'accusa - averne consegnato un altro ai carabinieri.

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