Cibi contraffatti, aromi nocivi, mozzarelle modificate: l'autore descrive minuziosamente i retroscena shock che nascondono i prodotti che ogni giorno scegliamo al supermercato e che finiscono nei nostri piatti
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Da piacere per eccellenza a potenziale nemico numero uno, in tavola passare dalla carezza alla sberla è un attimo. Parliamo di cibo, parliamo di quello che mettiamo ogni giorno nel piatto. Conosciamo davvero quello compriamo e mangiamo? A rispondere alla domanda è Gianfranco Scarfone, agronomo, 42 anni di lavoro nella squadra del servizio Repressione Frodi, autore del libro-inchiesta “Frodi, confessioni di un controllore” (Linkedizioni pp. 192).
Dottor Scarfone, quando parliamo “sofisticazione” nel settore alimentare, cosa intendiamo?
«La sofisticazione è la modifica dell’alimento stesso che si attua con l’uso di particolari sostanze chimiche che hanno lo scopo di riprodurne le caratteristiche restituendo, però, un prodotto scarso, senza qualità».
Molti alimenti sono spacciati in un modo ma poi a leggere le etichette è tutta un’altra storia. Per fare un esempio banale: le caramelle all’arancia, contengono davvero arancia?
«Forse c’è l’aroma di arancia, che è un elemento sintetico ma legalmente ammesso. Il problema è politico, il problema è che chi si occupa di questa materie o non è preparato o è in mala fede, il problema è che non ci sono magistrati ferrati nel settore agroalimentare».
Come ci possiamo difendere?
«Prevedere l’introduzione della materia “Educazione alimentare" già alle scuole medie e cominciare a istruire i ragazzi».
Ma qualcosa in questi anni è cambiato?
«Il controllo sull’olio. Grazie alle nostre operazioni furono cambiati i metodi di analisi. È sempre sofisticato in parte, ma meno di prima. L'olio che lei trova al supermercato, che costa 4 o 5 euro, denominato extravergine di oliva altro non è che olio senza odore e sapore ma che dalle analisi di laboratorio risulta extravergine».
Un inganno in poche parole.
«Le racconto una cosa. Nel 1990 l’olio, anche di grandi case, era al 100% sofisticato. I produttori ci mettevano dentro olio di soia, olio di sansa, di nocciola, poi si usavano due macchinari per evadere le analisi e venivano aggiunti componenti cancerogeni che io stesso ho sequestrato. Oggi questo non avviene, per fortuna. Ma le do una dritta per capire se un olio è di qualità: in bocca deve essere amaro e piccante, questi sono i segni dell’alta qualità di un olio».
Ma queste sofistificazione sono nocive o no?
«Alcune fanno danni solo alla tasca, perché paghiamo un prezzo che non corrisponde alla qualità del prodotto. Altre, invece, come nel caso della zuppa inglese sono da evitare».
Che ha che non va la zuppa inglese?
Questo gelato, è uno dei prodotti più sofisticati che esiste sul mercato. Contiene coloranti E122 ed E124 che sono cancerogeni, tuttavia la legge ne permette l’uso».
Depennata per sempre la zuppa inglese dalla lista della spesa, che altro c'è che non sappiamo?
«Lei compra il sale fino?».
Certo.
«E lei sa cosa c’è dentro? Ha mai letto cosa c’è scritto sul cartone?».
Sinceramente non l’ho mai fatto.
«Qualche sale fino contiene un anti-agglomerante, l’E536, una sostanza che serve ad evitare che si raggrumi. Ma perché, mi chiedo, bisogna mettere nel sale il ferrocianuro di potassio, che è veleno, quando basta sbriciolarlo con le mani?».
Mi sta dicendo che ci stanno avvelenando…
«I magistrati combattono la ’ndrangheta, la camorra il malaffare, forse dovrebbero occuparsi anche di questi imprenditori che uccidono col silenziatore».
Ma lei, quando va al supermercato, cosa compra?
«Io evito di andare nelle grandi catene, se sono proprio costretto, torno a casa con una cassa di acqua, detersivo, nient’altro, non mi fido, preferisco le botteghe».
C’è questa leggenda metropolitana secondo cui gli alimenti degli ipermercati in realtà siano più controllati, non è così?
«Io ho assistito ad alcune trattative tra multinazionali e grandi catene, so come funziona, chi vuole entrare nel circuito deve pagare e anche tanto, e la qualità dei prodotti si abbassa altrimenti non c’è guadagno. Se durante un controllo su un prodotto che si trova tra gli scaffali di una Gdo (grande distribuzione organizzata NdR) le autorità scoprono una irregolarità, la denuncia scatta solo nei confronti del produttore e non del distributore. Quindi alla grande catena non interessa se un prodotto è di qualità o no, comunque a farne le spese sarà chi gliel’ha dato. Se ci fosse una legge, invece, che prevede sanzioni anche per il distributore la musica sarebbe molto diversa».
Parliamo al signor consumatore, quando fa la spesa qual è il campanello d’allarme che lo deve portare a lasciare un prodotto sullo scaffale?
«Quando sui prodotti troviamo la parola “aroma” siamo di fronte a un ingrediente aggiunto chimico o sintetico. Se troviamo la scritta “aroma naturale” verrebbe da star tranquilli, invece no, perché è naturale al 70%. Dobbiamo cercare la dicitura “aroma naturale d’arancia” per esempio, in quel caso è sicuro al 100%».
Ci sono dei prodotti più a rischio di altri?
«Guardi io sono un grande amante del miele. Ci sono mieli famosi che arrivano da qualsiasi parte del mondo. Qui bisogna stare attenti perché parliamo di un alimento che può trascinare con sé contaminazioni batteriche. Ecco che dobbiamo fare: prediligere i nostri prodotti, quelli italiani, che sono più controllati».
C’è dolo o c’è colpa in tutto questo caos?
«Dolo, il miraggio è quello del guadagno facile, tutti vogliono diventare ricchi subito».
Mi racconti un aneddoto.
«Gliene racconto due che ancora oggi mi terrorizzano solo a pensarci. Andammo in Campania. Scoprimmo che sofisticavano anche la mozzarella di Bufala affumicandola con il fumo liquido. I prodotti venivano immersi in una vasca piena di un fumo nero da cui proveniva un odore fortissimo e spiacevole. Terribile. Un altro giorno andai in un salumificio, era pulito, organizzato bene, mi entusiasmò. Chiesi di vedere il deposito. Nei cassetti trovai delle buste di alluminio su cui c’era scritto: “salume tipo Napoli” e poi “fumo in polvere”. Così li facevano i salumi, con quella roba lì! Aprii la confezione, la toccai con le mani. Questa sostanza era fatta di tanti chicchi di vario colore. Per due mesi non riuscii a levarmi quell’odore di dosso, due mesi!».
Parliamo di due cose di larghissimo consumo: pasta e farina. Partendo dalla prima, mi sono accorta che sulla confezione di un marchio famoso, italiano, in piccolissimo c’è scritto: grani provenienti dagli Usa, è sicura?
«Assolutamente no. Il grano statunitense o canadese viene sequestrato una volta al mese al porto di Bari. È mal conservato e contiene microtossine cancerogene. Parliamo di semole che costano pochissimo al produttore che poi si trova a guadagnare tanto. Se compriamo grani di qualità il prezzo cambia. Quanto alla farina è da evitare assolutamente quella 00, raffinata».
Dopo questa conversazione sarà molto difficile riempire il frigo.
«Dobbiamo prenderci cura del nostro corpo. Come mi diceva un bravo medico: quotidianamente nel nostro organismo scoppiano 50 bombe tumorali che il nostro sistema immunitario neutralizza. Il giorno che ne sfuggirà una, sarà la fine. E come possiamo aiutare le nostre difese se non con l’alimentazione. La nostra salute, non è banale, comincia a tavola».