Il ricorso

I parenti vengono condannati e la Prefettura emana un’interdittiva. Un imprenditore di Reggio si rivolge a Strasburgo

Non si rassegna il titolare di una ditta di prodotti medicali. Aveva già fatto ricorso al Tar e al Consiglio di Stato ma con esito negativo. Ora si appella alla Corte europea. Secondo il legale la libertà e il diritto d’impresa necessitano di una precisa e tassativa indicazione giuridico-normativa

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di A. T.
2 gennaio 2024
18:09

Ha deciso di adire la Corte Europea di Strasburgo un’impresa di servizi di prodotti medicali presso le pubbliche amministrazioni, con sede a Reggio Calabria, con il patrocinio dell’avvocato Giuseppe Pitaro del foro di Catanzaro.

Non intende rassegnarsi il titolare dell’impresa a un’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria che, a suo dire, costituisce una vera e propria ingiustizia nei confronti della sua azienda e della sua reputazione morale e professionale.


L’impresa aveva già fatto ricorso sia al Tar che al Consiglio di Stato, ma con esito negativo. I due gradi di giudizio avevano ritenuto che la parentela della moglie del titolare dell’azienda con soggetti controindicati (già condannati in processi antimafia) fosse elemento giuridicamente sufficiente per rigettare i ricorsi avverso i provvedimenti prefettizi interdittivi.

La tesi sostenuta dall’avvocato Giuseppe Pitaro si fonda sul presupposto che materie altamente delicate e sensibili, come i provvedimenti interdittivi, che colpiscono la libertà e il diritto d’impresa dei soggetti, non possano essere rimesse a valutazioni tipicamente discrezionali delle Prefetture senza una precisa e tassativa indicazione giuridico-normativa, così come prescrive la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Ancor più che l’imprenditore aveva allontanato questo soggetti e li aveva anche denunciati. Ora la decisione spetterà alla Corte Europea di Strasburgo.

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