Il giallo della morte di Nicola Arcella: «La verità è nelle pratiche sui cui lavorava»

VIDEO | La riapertura delle indagini sulla tragedia consumatasi a Stefanaconi il 23 novembre 2019. La moglie: «Il popolo sostenga la mia battaglia». L’avvocato Naso: «Confidiamo nella sinergia con la Procura» (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pietro Comito
25 febbraio 2021
11:29

«Mio marito si dà nove litri di benzina addosso, diventa una torcia umana, ha ustioni di terzo grado in tutto il corpo che lo porteranno alla morte e si mette a parlare con questa signora spiegandole perché l’ha fatto? Ma scherziamo? È umanamente impossibile». La vita di Anna Maria Rosano (foto), da quella mattina del 23 novembre del 2019, quando il marito Nicola Arcella fu soccorso con una eliambulanza al cimitero di Stefanaconi per essere trasferito a Roma dove spirò il giorno dopo, ormai scorre nella scansione perpetua di quei momenti e dei giorni e delle settimane che precedettero la tragedia.

Malgrado le evidenze investigative sin dall’inizio abbiano acclarato come quello di Nicola – attivista politico e precario storico del Comune di Stefanaconi – fosse stato un suicidio, Anna Maria non ha mai ceduto di un solo passo dalle sue convinzioni: «Mio marito non si è tolto la vita, a mio marito la vita è stata tolta. Ed io voglio verità e giustizia – dice –. Per questo mi rivolgo al popolo, alla gente semplice come me, affinché mi sostenga in questa battaglia. So bene che c’è gente molto più grande di me che spesso non ce la fa ad ottenere né verità né giustizia di fronte a casi come questi, ma io non voglio arrendermi e spero che la riapertura delle indagini possa darmi le risposte che spero di ottenere».


C’è una battaglia ideale ed emotiva e ce n’è un’altra che si gioca sul piano squisitamente giuridico. Ad assistere Anna Maria, su questo fronte, l’avvocato Pietro Naso, la cui opposizione alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta della Procura di Vibo è stata accolta dal gip Marina Russo, che disporrà nuove indagini. Il recinto resta quello dell’istigazione al suicidio, sufficiente, comunque, per allargare lo spettro delle investigazioni su meandri inesplorati o non esplorati abbastanza. «Questa difesa ha posto le sue deduzioni e le sue intuizioni all’attenzione del gip – spiega l’avvocato Naso – e confidiamo che grazie a questa collaborazione vengano individuate ulteriori ipotesi che possano contribuire a restituire luce alla morte di Nicola Arcella».

L’avvocato Naso (foto) ha trascorso giorni interi a studiare il fascicolo e a scavare sui punti oscuri di un caso che narra della morte assurda di un uomo perbene, dalla vita ricca di passioni, innamorato di sua moglie e dei suoi figli. «Mio marito – spiega Anna Maria Rosano – non era un debole, era un uomo forte e coraggioso, un uomo colto, soprattutto una persona perbene. Chi aveva il dovere di proteggerlo non lo ha fatto. È per questo che io ce l’ho con le istituzioni e soprattutto con l’amministrazione comunale». Ma dove cercare la verità – omicidio o suicidio che sia – di una morte assurda, atroce, che resta come un’ombra sulla comunità di Stefanaconi, della quale Nicola fu anche vicesindaco e presidente della Pro loco?

Il minimo comune denominatore di tutti i momenti chiave di questa immane tragedia restano i fascicoli a cui, come impiegato dell’Ufficio tributi del Comune di Stefanaconi, Nicola Arcella stava lavorando: a quei fascicoli – riferiti ad un autolavaggio e ad una tabaccheria – farà riferimento negli ultimi messaggi WathsApp che inviò al sindaco Solano ed al vicesindaco Cugliari, di quei fascicoli scrisse nella lettera rinvenuta nel cassetto in cui custodiva i suoi documenti, per quei fascicoli fu convocato in caserma dai carabinieri, il 12 novembre precedente la tragedia, un appuntamento dal quale uscì letteralmente sconvolto. Su cosa indagavano i militari dell’Arma, da tempo attivissimi nelle indagini sulla criminalità organizzata in un territorio nel quale le cosche hanno storicamente fagocitato attività economiche ed influenzato, con ogni mezzo, le pubbliche amministrazioni? Interrogativi che attendono risposte.

Nicola, e questo è fuori d’ogni dubbio, era una persona onesta, perbene ed integerrima. «Mio marito è morto per quelle pratiche. Punto – chiosa Anna Maria Rosano -. Cosa c’è dietro quelle pratiche lo sa Procura, lo sa l’amministrazione. Mi è stato chiesto di portare le prove. E le ho portate, non sono tante ma non sono neppure poche. Ho portato un racconto, il mio racconto. E chiedo che si vada fino in fondo».

Giornalista
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