Reggio Calabria

Imprenditore si incatena davanti al Tribunale: «Assolto ma non mi restituiscono i beni, vivo con 300 euro al mese»

Francesco Gregorio Quattrone era accusato di associazione mafiosa. Il legale: «Ritorni ad essere proprietario di quanto confiscato»

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di Redazione
15 giugno 2022
12:39
Francesco Gregorio Quattrone incatenato sotto la sede del Tribunale di Reggio Calabria
Francesco Gregorio Quattrone incatenato sotto la sede del Tribunale di Reggio Calabria

«Spogliato di tutti i suoi beni, il lavoro di una vita, sacrifici e onestà, prova ne sono le assoluzioni con formula piena che hanno confermato l’estraneità dello stesso ad ogni accusa contestata nel corso del processo che lo aveva visto imputato del reato di cui all’art. 416 bis c.p., ma ad oggi per la giustizia non ha diritto alla restituzione di tutti i suoi beni, 300 euro al mese dovrebbero essere sufficienti a farlo vivere dignitosamente». Questa la vicenda dell'imprenditore Francesco Gregorio Quattrone che da ieri mattina è incatenato a un un cestino dell'immondizia accanto alla torre 3 del Cedir di Reggio Calabria, sede del Tribunale.

Spiega l’avvocato Vazzana in una nota: «Sono stata incaricata dal signor Quattrone a seguire questo dramma giudiziario, nei giorni a seguire con grande attenzione e scrupolosità verranno esaminati gli atti che hanno portato a ritenere legittima la privazione dei beni economici al Quattrone, il quale mi ha espressamente dichiarato, che si ritiene vittima di un’ingiustizia. Un’odissea processuale non è mai una bella esperienza, soprattutto se a pagare ingiustamente è un innocente – affermo traumatica -, questo è il punto cruciale del dramma vissuto; dovrò procedere ad una cognizione storica di tutta questa vicenda, posso anticipare che, non vi sarà alcuna esitazione nel dare una giustizia completa a Quattrone, qualora si ravvisino i presupposti previsti».


«Ho riscontrato un uomo dilaniato e sofferente, senza alcuna rassegnazione a ciò che ritiene ingiusto, con la coscienza pulita, ridotto a non poter essere più proprietario dei suoi beni, privazione del frutto di anni di sacrificio, il quale ritiene di avere un corredo probatorio non compatibile con un provvedimento di confisca, e che sarà presto al vaglio della difesa, che non esclude l’emersione di prova decisiva. Valuteremo tutto e lavoriamo per dimostrare – almeno così auspichiamo- il diritto a tornare ad essere proprietario di quanto confiscato, fiduciosi sempre nella giustizia giusta; il gesto del Quattrone di incatenarsi va letto come un gesto di un uomo sfinito e molto provato da ciò che ritiene ingiusto, ma ha ancora fiducia nella giustizia e questo ci da la forza di combattere al suo fianco».

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