Terremoto giudiziario

Inchiesta di Rende, le accuse a Iacucci: «Patto corruttivo per versare 70mila euro a un’impresa»

Il vicepresidente del Consiglio regionale è coinvolto nell’operazione che vede indagato anche il sindaco Marcello Manna. Secondo gli inquirenti quando guidava la Provincia di Cosenza avrebbe fatto ricorso a soluzioni fraudolente per saldare alcuni lavori assegnati senza appalto (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Antonio Alizzi
10 novembre 2022
17:15
Franco Iacucci
Franco Iacucci

Il terremoto giudiziario che ha colpito il comune di Rende, e il sindaco Marcello Manna, è arrivato fino al Consiglio regionale della Calabria. Nell'inchiesta della procura di Cosenza infatti è indagato per corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio l'attuale vicepresidente di Palazzo Campanella, Franco Iacucci. Quest'ultimo risponde in qualità di presidente della Provincia di Cosenza per un capo d'imputazione in cui è inquisito in concorso con l'imprenditore Massimino Aceto, con il dirigente del settore manutenzione e viabilità della provincia di Cosenza Claudio Le Piane e con il legale della Provincia di Cosenza, Gregorio Barba.

Secondo la procura di Cosenza, Iacucci, Le Piane e Barba, avrebbero messo a disposizione dell'imprenditore Aceto presunte indebite somme di denaro «ricevendone - quale contropartita - un'utilità elettorale, nonché la promessa di illecite dazioni di denaro».


Per gli investigatori, gli inquisiti, ognuno nelle sue funzioni, «a fronte della consapevole e concreta impossibilità (stante l'esposizione a responsabilità contabile dell'ente) di procedere, in favore di Massimino Aceto, al pagamento di circa 70mila euro - in quanto derivante dall'esecuzione, sine titulo, da parte della società Aceto Group Srl, dei lavori pubblici relativi all'appalto per la manutenzione straordinaria delle strade provinciali» stipulato il 10 ottobre del 2012, avrebbero incontrato lo stesso Aceto per prospettargli presunte soluzioni fraudolenti, al fine di «estinguere» il debito con il medesimo. Gli incontri, a dire delle forze dell'ordine, sarebbero sarebbero stati organizzati dal presidente della Provincia di Cosenza Massimino Aceto, ai quali avrebbero partecipato anche Le Piane, Barba e l'imprenditore.

Nel corso del "summit", Iacucci, Le Piane e Barba avrebbero avanzato ad Aceto «la dissimulazione della retrocessione del ramo d'azienda dalla Aceto Group Ssrl, alla Aceto Group srl, o la simulazione di un'esecuzione in somma urgenza degli indebiti lavori», al fine di pervenire, secondo la procura di Cosenza, «all'illegittima programmazione di illeciti affidamenti diretti, in favore di un'altra società - la Tecnoimpianti Cre Srl di Danilo Luca Borrelli, sempre riconducibile a Massimino Aceto, come effettivamente verificatosi attraverso i consequenziali e specifici atti contrari ai doveri d'ufficio».

Le determine dirigenziali finite nel mirino della procura sono quelle:
- del 24 agosto 2020 circa gli interventi di riqualificazione di alcuni edifici scolastici di Castrovillari per la somma complessiva di 47.535,43 euro;
- dell'11 settembre 2020 per i lavori di sistemazione piano viabile SP 131;
- dell'8 ottobre 2020 avente ad oggetto l'integrazione dei lavori di sistemazione piano viabile lungo la Strada Provinciale 131;
- del 5 novembre 2020 sempre per i lavori di sistemazione piano viabile lungo la Strada Provinciale 131, per la somma complessiva di 48.992,75 euro;
- del 20 novembre 2020 per i lavori urgenti di risanamento piano viabile di alcune strade appartenenti ai gruppi 21 e 22, per la somma complessiva di 12.197,48 euro.

I voti per Iacucci nella Locride

A corredo di ciò, la procura di Cosenza contesta all'imprenditore Massimino Aceto di aver fatto ottenere a Francesco Iacucci, candidato alle elezioni Europee del 2019, un «numero elevato di consensi nella zona della Locride» con l'ulteriore promessa «circa la messa a disposizione dell'indebita somma di circa 5mila euro (da detrarre dall'ammontare dei pretesi 70mila euro); e con l'avvocato Gregorio Barba la promessa - da parte di Massimino Aceto - del pagamento di "qualsiasi somma" a fronte dell'indebito recupero delle somme dal medesimo imprenditore pretese».

Le valutazioni del gip di Cosenza

Analizzando il materiale fornito dalla procura di Cosenza, il gip del tribunale Piero Santese, non ritiene che gli elementi emersi dal compendio captativo consentano di ritenere «integrato un quadro univoco in ordine all'effettivo concretizzarsi del rapporto corruttivo».

Per il giudice cautelare di primo grado «risulta con sufficiente chiarezza che Aceto si è prodigato per aiutare Iacucci nella sua campagna elettorale», come emerge dalle intercettazioni telefoniche, «accompagnandolo finanche nel Vibonese e nella Locride e presentandogli "famiglie" importanti della zona, capaci di muovere numerosi pacchetti di voti». E ancora. Aceto «ha ripetutamente offerto a Iacucci e successivamente a Barba "uno sconto" di 5mila euro sulle sue richieste indebite, 5mila euro che potevano essere presi da chi ritenesse». Sempre Aceto «ha riferito a Barba che gli avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ottenere il pagamento; risultano contraddittori gli indizi in ordine alla sussistenza degli ulteriori presupposti di fatto del preteso patto corruttivo».

Secondo il gip Santese dunque «non si può parlare di una "messa a disposizione della funzione", in quanto, a differenza del capo 37, si è in presenza ne caso di specie di un unico episodio, con la conseguenza che va individuato l'atto contrario ai doveri d'ufficio che sarebbe stato posto in essere dallo Iacucci e dagli altri concorrenti, si ritiene che il quadro indiziario non sia sufficientemente delineato in relazione alla conclusione dell'accordo corruttivo, dal momento che Iacucci si è limitato a interessare della vicenda Le Piane e l'avvocato Barba, quest'ultimo quale legale, tant'è che Aceto si è anche lamentato del fatto che in un'occasione Iacucci non lo voleva ricevere».

Inoltre, scrive il gip Santese, «non è chiaro che la stigmatizzabile proposta di Barba sia stata effettuata a chiusura dell'accordo corruttivo, e cioè quale controprestazione rispetto alla promessa fatta da Aceto di dargli qualsiasi cosa».

Non può essere una prova «univoca della chiusura dell'accordo corruttivo il successivo affidamento dei lavori alla Tecnoimpianti, non potendosi affermare che tutti i lavori pubblici alla Tecnoimpianti riguardassero anche Aceto». Infine, la richiesta di misura cautelare «fondata su una lettura pregiudiziale delle intercettazioni, appare forzata, tenendo conto anche della vicenda relativa al Palazzetto, in cui è emersa - dalle intercettazioni -una evidente autonomia dei Borrelli nella gestione delle trattative con i pubblici dipendenti interessati». 

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