Inchiesta Erebo Lacinio nel Crotonese, assolta l’ex vicepresidente della Regione Antonella Stasi
Sette complessivamente le assoluzioni. Dissequestrati i beni della società Le Verdi Praterie. Il processo scaturito dall'indagine che ipotizzava una frode per 14 milioni nelle energie rinnovabili
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro Sara Merlini ha assolto Antonella Stasi, Salvatore Esposito, Anna Crugliano, Francesco Massimo Carvelli, Salvatore Succurro, Antonio Muto e Raffaele Rizzo e dissequestrati i beni della società Le Verdi Praterie nel processo che era scaturito dall’inchiesta nell'ambito dell'operazione Erebo Lacinio che ipotizzava una frode per 14 milioni nelle energie rinnovabili.
Soddisfazione da parte dell’avvocato Francesco Verri che dichiara: «È stato un processo lungo e faticoso. Semplice in teoria perché le accuse sono apparse subito agevolmente smentibili ma la materia è molto tecnica. Sono state necessarie quattro consulenze risultate decisive e poi sono arrivati due giudizi cautelari favorevoli. Davanti al Tribunale della Libertà e in Cassazione. Oserei dire che il pubblico ministero è rimasto solo visto che, alla fine si sono pronunciati contro le sue tesi anche i due periti nominati dal giudice. Ringrazio gli avvocati Ioppoli, Cantafora, Laratta e Cardone che hanno composto con me in collegio difensivo affiatatissimo e gli eccellenti consulenti che abbiamo nominato. Ma soprattutto l’architetto Stasi e l’intero gruppo Marrelli per la fiducia incondizionata che ha riposto in me, lasciandomi non solo difendere tutte le persone coinvolte ma anche scegliere i componenti del team e coordinare suo lavoro».
Di seguito una dichiarazione del presidente del Gruppo Marrelli – a cui fa capo Verdi Praterie – Antonella Stasi Marrelli: «Abbiamo sofferto molto in questi 3 anni. Dopo la morte di mio marito il 2 marzo, giorno del suo compleanno, ci sequestrano la nostra azienda agricola, per traffico di rifiuti. Increduli abbiamo impiegato qualche giorno per capire cosa stava succedendo. L’azienda viene sottratta alla mia custodia e consegnata agli amministratori giudiziari. Oggi l’azienda è distrutta, l’impianto biogas chiuso ed il caseificio fermo. Gran parte della stampa ha provato a distruggere l’immagine di un gruppo di 420 collaboratori e 40 anni di storia in poche ore. Abbiamo dovuto licenziare diversi operai, altri li abbiamo trattenuti nell’attesa e nella speranza che presto finisse. Abbiamo accumulato debiti e ritardi con i fornitori. Ma grazie alla forza del Gruppo e delle altre aziende noi siamo riusciti a resistere. Oggi è il momento in cui possiamo tirare un sospiro di sollievo: il fatto non sussiste. Siamo pronti a rimboccarci le maniche (come mio marito ha sempre fatto) ed insieme ai collaboratori del gruppo a far ripartire i motori di questo pezzo di economia del nostro territorio. Ma lasciatemi dire che abbiamo subito una grande ingiustizia che ha avuto un peso ed influito nello sviluppo dell’azienda. La notizia di oggi è un’iniezione di fiducia per me, i miei figli, i miei collaboratori ed i tanti imprenditori calabresi che hanno vissuto la mia triste e devastante esperienza. Un sincero ringraziamento al collegio difensivo, gli avvocati Verri, Ioppoli, Laratta, Cardona, e ai consulenti tecnici e contabili che mai hanno mancato di dare fiducia a tutti noi, dimostrando anche giuridicamente quello che sapevamo già».