Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Internet e bufale. Il commento del giornalista Enrico De Girolamo. Il 23 settembre la Calabria scomparirà dalla faccia della Terra. Cioè, non proprio la Calabria, ma proprio tutta la Terra scomparirà dalla faccia della Terra. Sarà la fine, l’apocalisse. Un altro pianeta, che finora se n’è andato a zonzo nello spazio, colpirà il nostro globo terracqueo e verrà giù il sipario. Per sempre. A dirlo è un certo David Meade, presunto ricercatore di cui non si sa molto tranne il fatto che scrive e vende un casino di libri con teorie bizzarre, tipo che Hitler è ancora vivo e vegeto in Argentina. Vabbè, un autore così insomma. Ma questo non importa. Ciò che conta è che la politica calabrese ha solo una manciata di giorni per redimersi e sperare nel perdono dell’Altissimo. Impresa non facile, certo. Ma ci può provare.
La prima cosa da fare è vuotare il sacco. Dire tutto a tutti. Raccontare senza la coercizione di un avviso di garanzia come stanno davvero le cose. Riferire, ad esempio, dove finiti i nostri soldi e quelli dell’Europa, dove sono sepolti i rifiuti tossici, dove sono state affondate le navi dei veleni, perché il mare è sempre sporco, che fine ha fatto la fantasmagorica prospettiva di diventare nientedimeno che la California d’Italia e perché i Bronzi di Riace non se li fila nessuno nonostante potrebbero attirare turisti a camionate.
Cose da dire per giungere preparati al vicinissimo giorno del giudizio ce ne sono a iosa. Raccontino della ‘ndrangheta che è ovunque, a chi hanno chiesto i voti, cosa hanno promesso e realizzato in cambio, quanta sabbia c’è davvero nel cemento dei ponti e delle strade che si sfarinano.
!banner!
Cominciassero a illustrare per filo e per segno le malefatte compiute ed anche quelle solo tentate, confessando in un ultimo moto di sincerità perché questa regione è ferma al palo da decenni, come un san Sebastiano trafitto dalle frecce che sopporta stoicamente, non si sa perché, il suo martirio. Per guadagnarsi il paradiso non c’è bisogno che dicano queste cose a un prete. Basta scendere in strada e chiedere perdono al primo che incontrano, magari al fruttivendolo, al ragazzo del bar, al disoccupato, all’occupato in nero, alla casalinga che torna trafelata a casa dopo la spesa all’hard discount. Ci dicano perché i nostri figli ancora partono e ci dicano perché quelli che restano non hanno niente da fare. Ammettano che i tavoli tecnici e i protocolli d’intesa, sono sempre stati fuffa buona solo per riempire le pagine dei giornali, che l’ospedale di Vibo non si farà mai e la Sanità calabrese non è sanabile.
Insomma, dicano tutto prima del 23 settembre. Se lo faranno loro, forse lo faremo anche noi, ammettendo di aver costruito abusivamente sulle spiagge e nei fiumi in secca, di aver buttato il sacchetto della spazzatura dall’auto, di aver scaricato il materiale di risulta dei lavori per il bagno nuovo nella prima timpa che trovavamo. Potremmo anche confessare di aver costretto le compagnie di assicurazioni a imporre tariffe assurde per tutelarsi dalle truffe, di mangiare frittelle di avannotti senza alcun rimorso per l’ecosistema marino, di aver sempre girato lo sguardo dall’altra, di aver ossequiato il dritto del paese ogni volta che lo incontravamo, di aver cercato e talvolta trovato protezione in chi non aveva alcuna autorità morale per garantircela.
Se lo faranno loro, magari anche noi vuoteremo il sacco, confessando prima dell’Armageddon che il nostro maggior peccato è aver fatto finta di credergli e di averli votati, ogni volta. Salvo poi tentare di attribuirgli tutte le colpe, anche quelle che sono solo nostre.
Enrico De Girolamo