Identificata dagli esperti delle Asp di Vibo e Cosenza, tramite una fotografia, l’Amanita phalloides responsabile dell’avvelenamento
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È in condizioni stazionarie il paziente trasferito nei giorni scorsi dall’ospedale di Vibo Valentia al Policlinico Umberto I di Roma, dove è stato sottoposto a un trapianto di fegato a causa di una gravissima insufficienza epatica provocata dall’ingestione di funghi raccolti nei boschi del Vibonese e consumati in ambito domestico.
La ricostruzione della dinamica è stata resa possibile grazie a un’indagine epidemiologica accurata, condotta dai micologi dell’Asp di Vibo Valentia, Manuela Rondinelli e Pasquale Piccione, in collaborazione con il micologo Ernesto Marra, responsabile dell’Ispettorato Micologico dell’Asp di Cosenza.
Un lavoro definito “fondamentale” dagli stessi tecnici perché ha permesso di individuare con certezza la specie responsabile dell’avvelenamento, evitando che il caso venisse archiviato come episodio senza origine accertata.
L’indagine ha rivelato un elemento allarmante: il raccoglitore, ignaro della pericolosità dei funghi appena colti, ne aveva raccolto più di tre chilogrammi — oltre quaranta esemplari — e, dopo averne consumato una piccola porzione, aveva riposto il resto nel congelatore di casa con l’intenzione di utilizzarli successivamente in pasti condivisi con familiari e amici. Un gesto che avrebbe potuto generare un avvelenamento collettivo di proporzioni drammatiche.
Quando i micologi sono intervenuti, l’intero quantitativo era già stato eliminato. Tuttavia, una fotografia scattata da un familiare ha consentito l’identificazione certa della specie: Amanita phalloides, uno dei funghi più velenosi esistenti in natura. La tossina contenuta, l’amanitina, è altamente epatotossica: un solo cappello di medie dimensioni contiene una dose potenzialmente letale per un adulto.
«L’episodio mostra quanto sia fragile il confine tra una semplice raccolta amatoriale e un evento potenzialmente catastrofico per la salute pubblica», osservano i micologi coinvolti.
Il caso richiama dunque la necessità di una formazione minima obbligatoria per i raccoglitori non professionali e di ricorrere sempre, prima del consumo, alla certificazione gratuita degli Ispettorati Micologici delle Asp, come raccomandato da anni dal Settore Prevenzione e Sanità Pubblica del Dipartimento Regionale Salute e Welfare.
Gli esperti ricordano infine che in presenza di malessere dopo aver consumato funghi è indispensabile recarsi immediatamente al Pronto Soccorso, portando con sé eventuali residui di raccolta o di pasto. La presenza del micologo dell’Asp, chiamato a intervenire nelle prime fasi, permette infatti di identificare tempestivamente la specie ingerita e supportare il medico curante e il Centro Antiveleni nell’applicazione del protocollo terapeutico più adeguato.

