“La Contesa” tra il magistrato calabrese e la conduttrice Antonella Grippo offre spunti politici e pungenti polemiche con i sostenitori del Sì al referendum sulla riforma della giustizia. Il procuratore di Napoli “rilegge” Tangentopoli: «Di Pietro falcidiò tutti i partiti? Quasi...». E su un possibile impegno futuro in politica dice: «No, grazie. Dopo la pensione ho almeno altri tre lavori»
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La puntata si apre senza preamboli, precipitando immediatamente nel cuore pulsante del dibattito nazionale: Nicola Gratteri è per il No relativamente al referendum confermativo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario.
Accolto sulle note ironiche de I maschi di Gianna Nannini, il procuratore viene subito trasportato nel tema centrale. Ormai al centro di riflessioni e polemiche giornalistiche, trova nella cornice offerta da LaC un palcoscenico inusitato per profondità, ritmo e rigore. Non un’intervista accomodante, ma un cimento dialettico di raro spessore, condotto con quella raffinata intransigenza che fa di Antonella Grippo un unicum nel panorama giornalistico italiano.
La sua capacità di annidare domande complesse in un linguaggio elegante, di sostenere contraddittori sofisticati e mai cedevoli, costituisce una delle qualità più rilevanti emerse nel corso dell’appuntamento. Un appuntamento dalla statura nazionale, che la rete calabrese ha ospitato dando prova di una maturità professionale fuori dal comune.
L’equivoco dell’intruppamento politico
Il confronto si inaugura con una domanda necessaria, quasi chirurgica: come sottrarre Gratteri all’equivoco di un tentativo di intruppamento politico?
Il procuratore risponde con fermezza, affermando che la sua storia di uomo e magistrato è sempre stata aliena da ogni appartenenza a correnti o aree politiche. Ha sempre parlato liberamente, guardando gli interlocutori negli occhi. Ricorda di non essere mai stato votato dal PD e di essere stato sostenuto per la Procura di Napoli da esponenti della destra e del Movimento 5 Stelle. Ciò, puntualizza, non lo rende organico a quelle aree politiche. E sancisce, con veemenza quasi epigrafica: «Il mio padrone deve ancora nascere».
Antonella osserva — con un approccio non più “sfruculiante”, bensì sottilmente inquisitivo — che forse esiste una maggiore somiglianza con l’elettorato di destra. Gratteri ribadisce la propria estraneità alle appartenenze: alcuni modelli di destra possono piacergli, certo, ma solo nella misura in cui coincidono con un’idea di civiltà che postula l’amore per l’ordine. Aggiunge una nota dolente riguardo all’Associazione Nazionale Magistrati: questa ANM non lo ha mai sostenuto negli attacchi subiti dai suoi uffici.
Antonella risponde con perfidia: l’ANM non ti ha mai sostenuto, oppure — come dicono i tuoi detrattori — ti ha lasciato agire indisturbatamente? E lui nega.
Merito, coraggio e rifiuto della servitù volontaria
Nel vedere il video dell’Associazione Nazionale Magistrati, Gratteri ricorda il proprio intervento all’assemblea, quando disse: «Qui siete tutte donne e io devo tutelare la quota azzurra», con tagliente ironia. La Grippo replica: «Il solito Gratteri misogino». E lui chiarisce: «Sono contrario alle quote rosa e alle quote azzurre. Io sono per il merito».
La “pesca a strascico” e l’ingaggio di Di Pietro
Antonella Grippo torna al fronte del Sì, che avrebbe cercato una simmetria tra il leader del No — ossia Gratteri — e una figura dai trascorsi simili. Chi ingaggiano? Antonio Di Pietro.
Introduce così uno dei cardini della puntata: la “pesca a strascico”.
Poi domanda: se Gratteri avesse condotto le indagini di Tangentopoli, imbattendosi in Mario Chiesa, avrebbe adottato i metodi inquisitori di Di Pietro?
Gratteri risponde con attenzione storica: ogni risposta va collocata nel proprio tempo. Dunque non può dire come avrebbe condotto quelle indagini.
Mani Pulite e la bonifica mancata
La scena si sposta sul nodo centrale: Mani Pulite, che mirava a bonificare la società italiana e a offrire lo scalpo di Bettino Craxi e degli altri politici, quale rivoluzione ha realmente prodotto?
Gratteri risponde: allora nella politica c’era del marcio come oggi. Ricorda anche la posizione di Gherardo Colombo, apparso negli ultimi anni quasi pentito di ciò che fu.
Qui emerge l’impareggiabile competenza storico-giuridica della Grippo: nessuno avrebbe potuto condurre un’intervista del genere con pari profondità. Gratteri trova in lei un contraddittorio autentico, leale, serrato e mai ossequioso.
La riforma e la Vassalli-Pisapia del 1988
La Grippo ricorda che alcuni giuristi ritengono questa riforma un’integrazione della legge Vassalli-Pisapia del 1988, che introdusse il processo accusatorio. Gratteri replica con una metafora calcistica: non c’è parità. L’arbitro è al centro; da una parte il pubblico ministero, dall’altra l’avvocato.
Il giudizio popolare e il lavoro collegiale
La giornalista chiede: ti sei mai fatto condizionare dal sentimento popolare?
Gratteri risponde: no. Non ne ha mai avuto bisogno e ha sempre lavorato in gruppo. Rievoca Rinascita-Scott: non fu da lui condotta da solo, ma con quattro pubblici ministeri e con le istituzioni coinvolte.
Forza Italia, Gasparri e l’amicizia allusa
Antonella ricorda che in Forza Italia Gratteri avrebbe molti nemici e (forse) un solo amico: Maurizio Gasparri, che a Perfidia lo definì «un uomo di valore».
Il gradimento della magistratura
Gratteri ricostruisce il pendolo del consenso: durante Mani Pulite la magistratura era al 70%; poi scese al 36%; oggi è al 52%, comunque più della politica. Il limite del 52% deriverebbe dalla tendenza a imputare ai magistrati problemi non loro.
Antonella rilancia: forse ciò dipende anche da un protagonismo supponente della magistratura? Gratteri risponde: la giustizia non funziona e la magistratura dovrebbe parlare con tutti. E non lo fa.
Nordio, Musolino e le insinuazioni
Antonella chiede del riferimento di Musolino ai magistrati “fuori dal seminato”. Gratteri risponde: bisogna chiederlo a lui. Poi aggiunge: forse si riferiva a qualcuno che al telefono lo definiva “fascista” parlando con un indagato.
Il “quasi” di Tangentopoli
Parlando di Di Pietro come l’uomo che falcidiò i partiti della Prima Repubblica, Gratteri corregge: «quasi tutti». Antonella incalza: in quel “quasi” c’è l’ex PCI, poi PDS? Gratteri: «Mi pare di sì».
Craxi, il coraggio e le interpretazioni maliziose
Antonella Grippo osserva che Gratteri riconosce a Craxi una certa statura. Lui conferma: «Uno che col 12% diventa presidente del Consiglio ha coraggio». La conduttrice lo punzecchia: lo dice per fare un dispetto a Di Pietro? Gratteri replica: dice ciò che pensa, sempre. E aggiunge: odia «i maggiordomi, i lacchè e la politica dell’annacamento».
Occhiuto e la collaborazione istituzionale
Di Occhiuto dice che è stato molto collaborativo con lui e con la magistratura, ma non entra nei dettagli.
Democrazia, articolo 104 e incredulità infantile
La Grippo ricorda che l’indipendenza dei magistrati è sancita dall’art. 104. Gratteri risponde ironicamente: «Io ho creduto alla befana fino alla terza elementare, poi non più».
La politica che chiama, la politica che rifiuta
Antonella chiede se PD e 5 Stelle siano andati da lui per chiedergli di candidarsi alle regionali. Gratteri conferma, ma ribadisce: è felice procuratore della Repubblica di Napoli e non intende scendere in politica.
Alla domanda sul consenso “in cascina” da usare dopo la pensione, risponde con ironia: dopo la pensione ha «almeno altri tre lavori».
LaC, la solidarietà e i sette anni di cronaca veritiera
Ritorna il rimprovero all’ANM. Gratteri riconosce che LaC lo ha sostenuto sempre, anche quando non conveniva: «Dal 2016 per sette anni LaC era lì, presente a conferenze stampa e udienze». Altri, invece, scrivevano cose inesatte.
La nota dolente delle ingiuste detenzioni
Antonella cita la rassegna stampa: dal 2018 al 2024 sarebbero stati pagati 28 milioni per ingiuste detenzioni in Calabria. Gratteri chiarisce che ha verificato i dati: in base a arrestati, condannati e assolti, i numeri sono sotto la media nazionale.
Alla domanda: «Ti sei mai pentito per un’ingiusta detenzione?», risponde: no. Quando si conduce un’indagine, si crede che sia la strada giusta.
Il caso Falcone, DiMartedì e l’accusa di falsificazione
Si discute delle polemiche seguite alla lettura di una dichiarazione attribuita a Falcone. Gratteri chiarisce: l’unica cosa non vera è che fosse un’intervista. Il contenuto sì: Falcone lo disse l’8 maggio 1992 all’Istituto Gonzaga.
Antonella aggiunge: bisogna smettere di idolatrare la magistratura, laicizzare il dibattito. Gratteri concorda.
Sisto, le critiche e il confronto col consenso
I detrattori lo accusano di ledere la magistratura. Lui ribatte: parlava di fenomeni generali, non di indagini. Ricorda la frase del viceministro Sisto: «Questo è un grande magistrato, non come altri che vanno in televisione a fare i presentatori». E racconta l’episodio di Lamezia: «Quando parlai io c’erano 2500 persone; quando salì Sisto, 300».
Ricorda poi che il 90% dei parlamentari, con questa legge elettorale, non ha i voti.
Antonella Grippo cita il “primato della politica” secondo Nordio. Gratteri riconosce che la magistratura ha peccati come tutte le categorie. E conferma: sì, per primato della politica si intende la “scienza regia”.
Trent’anni di storia e la sigletta I maschi
Nel finale, Antonella Grippo e Gratteri riconoscono di aver attraversato trent’anni di storia italiana. Sulle note de I maschi, il procuratore lascia libera interpretazione. Antonella Grippo osserva che l’ardimento è un tratto virile, quasi omerico, e che ormai sono rimasti lui e Gennaro Gattuso a incarnare quel tratto calabrese.
Un’intervista destinata a restare
Quella di Perfidia è stata un’intervista unica: un terreno dialettico in cui un procuratore noto per fermezza e intransigenza ha trovato finalmente un contraddittorio vero, elegante, colto, implacabile.
Un dialogo che ha attraversato politica, storia, diritto, memoria collettiva e fragilità istituzionali, senza scorciatoie retoriche.
Un’intervista che resterà come modello di giornalismo quando competenza, coraggio e lucidità convergono in un’unica voce.






































