L’omicidio Piccione a Vibo e la clamorosa collaborazione con la giustizia di Antonio Grillo
Le dirompenti dichiarazioni rilasciate nell'ottobre 2007 all'Arma dall’esponente di punta del clan Lo Bianco, detto Totò Mazzeo, deceduto nel 2018
Ci sono anche le dichiarazioni di Antonio Grillo, alias “Totò Mazzeo”, cl. ’68, di Vibo Valentia, deceduto il 6 febbraio 2018, alla base delle accuse che hanno portato ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Salvatore Lo Bianco, 49 anni, detto “U Gniccu”, e Rosario Lo Bianco, 52 anni (genero del defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto Sicarro). Entrambi i vibonesi sono accusati di aver ucciso il 21 febbraio 1993 il geologo ed imprenditore Filippo Piccione, freddato con cinque colpi di pistola sotto casa in via Dante Alighieri, a due passi da piazza Municipio.
L’avvio della collaborazione di Antonio Grillo
L’inchiesta condotta dai carabinieri del Ros di Catanzaro e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, con il coordinamento del pm della Dda Annamaria Frustaci, permette la rilettura di fatti di sangue rimasti impuniti per quasi 30 anni e svela una circostanza dirompente: Antonio Grillo, alias “Totò Mazzeo”, un volto notissimo alle cronache di Vibo Valentia e con numerosi precedenti penali, il 20 ottobre 2007 si era presentato dai militari dell’Arma per collaborare con la giustizia. Una decisione clamorosa per l’epoca, atteso che il personaggio avrebbe potuto raccontare fatti e misfatti della ‘ndrangheta di Vibo Valentia con quasi un decennio di anticipo rispetto ad Andrea Mantella (la cui collaborazione risale al maggio 2016).
Se sia stato fatto di tutto, all’epoca, per impedire ad Antonio Grillo di ritornare sui propri passi e quindi recedere dalla volontà di collaborare con la giustizia, è un aspetto non toccato per ora dall’inchiesta. Vero è che il verbale reso ai carabinieri da Antonio Grillo (Totò Mazzeo) – e che viene utilizzato ora dalla Dda a sostegno dell’impalcatura accusatoria contro gli autori dell’omicidio Piccione – appare importantissimo e getta più di un fascio di luce su personaggi e dinamiche criminali nella città di Vibo rimaste per troppo tempo nell’ombra.
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