La polemica

«L’ospedale di Locri è un lager»: bufera sulle parole di un prete, la reazione dei sindacati

Lungo j'accuse social del parroco di Roccella Jonica Francesco Carlino. I sindacati prendono le distanze: «Ingratitudine nei confronti dei lavoratori»

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di Ilario  Balì
17 febbraio 2022
11:09
L’ospedale di Locri. Nel riquadro, don Carlino
L’ospedale di Locri. Nel riquadro, don Carlino

«L'Ospedale di Locri è un lager e certi reparti non sono degni dell'Uomo». Hanno fatto discutere le parole diffuse dal parroco di Roccella Jonica don Francesco Carlino il quale, attraverso la sua pagina Facebook, si è lasciato andare ad un lungo j’accuse contro il nosocomio di contrada Verga. Nel mirino del prete, in particolare, il reparto di Medicina, dove a suo dire gli anziani sarebbero abbandonati a se stessi, «soprattutto in questo periodo durante il quale i familiari non possono entrare e controllare». Durissime le parole del sacerdote, che punta il dito contro il personale medico e infermieristico che non presterebbe le dovute cure ai ricoverati. «Strafottenza, arroganza e maleducazione», caratterizzerebbero, secondo don Carlino, l’approccio lavorativo di alcuni operatori sanitari.

Parole pesantissime che non hanno lasciato indifferenti i sindacati, i quali hanno preso le distanze dai modi e dai toni usati dal sacerdote roccellese. «Definire l’Ospedale di Locri un lager e dire che certi reparti non sono degni dell’uomo – sostengono i sindacalisti della Fp Cgil Giuseppe Rubino e Giovanni Calogero - serve solo a gettare discredito e ingratitudine nei confronti di quei lavoratori che continuano a dare risposte, da soli, senza organizzazione, senza cambio a fine turno, senza alcuna tutela per la propria salute e con la speranza che cambi qualcosa per rendere loro sopportabile la fatica che sopportano quotidianamente. Purtroppo i medici, infermieri dell’Ospedale di Locri vengono tacciati proprio da un religioso di arroganza, strafottenza e maleducazione – continuano Rubino e Calogero -. Chi detiene questi spregevoli requisiti ha un nome e cognome. Non è ammissibile infangare categorie, reparti e ospedali per eventuali colpe di qualcuno, esistono procedure precise per ristabilire regole e ridare dignità a chi svolge bene il proprio mandato».


Una reazione che ha provocato, sempre su Facebook, una controreplica del sacerdote, che non ha fatto passi indietro ma ha rincarato la dose: «La mia esperienza di familiari ricoverati – ha scritto sui social - mi ha fatto esperire personalmente la “strafottenza e la maleducazione di alcuni medici e paramedici”, il che non significa che non ci siano a Locri - grazie a Dio - medici educati e infermieri coscienti del loro dovere. infatti ho parlato di "certi medici e di certi infermieri” e non di tutti! E potrei portare tante testimonianze in un senso e un altro».

E ancora: «Avrei mentito alla mia chiamata sacerdotale se non avessi  pubblicamente  denunciato, in termini chiari, tutto ciò che mortifica e violenta la bellezza della dignità umana, non solo del malato ma, anche a difesa della dignità di tutti quei medici mortificati nella loro professionalità».

Giornalista
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