Processo Black Widows, condanne confermate nell’Appello-bis ma senza l’aggravante della ’ndrangheta: «Riferimenti troppo generici»
I giudici di secondo grado riesaminano le contestazioni contro la famiglia Inzillo. Le 11 pagine di motivazioni ricostruiscono la lunga scia di sangue nella piccola frazione di Gerocarne: 16 tra omicidi e tentati omicidi dal 2009 al 2017
Ariola, frazione del Comune di Gerocarne, un paesino al centro della provincia di Vibo Valentia con meno di 2000 anime. È qui che si consuma la faida del locale dell’Ariola che vede molte vittime ma trova scarne conferme in Tribunale.
Dal 2009 al 2017 si contano il primo tentato omicidio ai danni di Salvatore Inzillo (2009), il tentato omicidio di Giovanni Alessandro Nesci (2011), il tentato omicidio di Giovanni Emmanuele (2012), l’omicidio di Nicola Rimedio (2012), l’omicidio di Antonino Zupo (2012), l’omicidio di Filippo Ceravolo e il tentato omicidio di Domenico Tassone (2012), l’omicidio di Salvatore Lazzaro, i tentati omicidi di Valerio Loielo (2014), di Antonino Loielo e di Walter Loielo (2015), il tentato omicidio di Giovanni Alessandro Nesci (2017), l’omicidio di Salvatore Inzillo (giugno 2017), il tentato omicidio dei fratelli Giovanni Alessandro e Manuel Nesci (luglio 2017), il tentato omicidio di Nicola Ciconte (2017).
Sono tutti dati che snocciola la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro nelle appena undici pagine della sentenza bis del processo Black Widows che stabilisce – confermando la decisione della Cassazione – che non c’è mafia nei reati per i quali sono state condannati Rosa Inzillo (4 anni e 2 mesi), Viola Inzillo (4 anni e 6 mesi), Teresa Inzillo (6 mesi), Michele Nardo (4 anni e 4 mesi), Salvatore Emmanuele (2 anni e 8 mesi), Ferdinando Bartone (2 anni e 8 mesi), Maria Rosaria Battaglia (5 mesi e 10 giorni). Gli imputati sono stati condannati, a vario titolo, per detenzione (anche abusiva) di parecchie armi e munizioni, ricettazione, riciclaggio.
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La Cassazione sull’aggravante mafiosa: «Riferimenti generici»
Non c’è mafia però. Lo stabilisce (dopo due gradi di giudizio che avevano confermato l’aggravante mafiosa) la Corte di Cassazione il 4 maggio 2023, quando annulla con rinvio il processo per la sola aggravante mafiosa e per una rideterminazione delle pene.
La contestazione degli ermellini è sulla genericità esposta dalla Corte calabrese nel riconoscere l’aggravante mafiosa. Si parla di «generico riferimento al contesto di riferimento nel quale si muovono gli imputati e ha ritenuto che in un contesto territoriale caratterizzato dalla faida tra i Loielo e gli Emmanuele per il controllo del territorio, la vicinanza degli Inzillo agli Emmanuele e dei Nesci ai Loielo portava a ritenere, stante la dinamica mafiosa delle quali le vicende presentano tutte le caratteristiche, la sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa senza però indicare elementi specifici considerato anche che i due tentati omicidi». Continua a leggere sul Vibonese.