Il caso

Lamezia, la scoperta sulle demenze partorita nel laboratorio senza fondi e una sede certa

VIDEO | I paradossi di cui è protagonista il Centro regionale di Lamezia Terme continuano, mentre si attende che una struttura di eccellenza possa riprendere la sua piena operatività scientifica (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Tiziana Bagnato
16 dicembre 2021
06:30

L’attività è ridotta all’osso, il personale anche, l’attività laboratoriale per decreto trasferita e il direttore Amalia Bruni ha lasciato l’incarico per impegnarsi in politica, ma il Centro Regionale di Neurogenetica continua nella sua attività di resilienza e scoperta.

Ad accoglierci è Raffaele Maletta, uno di coloro che mettendo mano all’enorme archivio del centro è riuscito a farlo tornare protagonista per questioni che non fossero burocratiche, di fondi promessi e mai arrivati o di una lenta spoliazione che è ormai sotto gli occhi di tutti.


In tanti sono andati via: le promesse della politica, la passione dietro il camice hanno retto fino a un certo punto, poi di fronte ad un’eccellenza calabrese di cui parlano in Italia e all’estero, ma che a fatica riusciva a trovare i soldi per pagare gli stipendi e aveva dovuto abbandonare la ricerca, hanno alzato bandiera bianca.

Tra i resilienti c’è Manetta, responsabile del laboratorio di genetica e ambulatorio di nutrizione del Crn. Un ambulatorio che su carta dovrebbe essere a Catanzaro, trasferito tout court con un dca. Cosa mai avvenuta.

Grazie agli studi compiuti sul corposo archivio e materiale genetico della struttura, insieme ad altri, ha scoperto una nuova variazione della proteina vcp che apre diversi scenari legandoli alla demenza. Gli importanti risultati di questo studio suggeriscono che l’analisi del gene Vcp dovrebbe essere considerata nello screening genetico della Dft (demenza fronto temporale) familiare ad esordio precoce, anche in assenza di segni clinici di Malattia di Paget o Miopatia da Corpi Inclusi. Molti casi, infatti, ritenuti finora sporadici, potrebbero essere causati dalla nuova variante identificata. 

Rimane la tristezza per un centro semideserto, in cui le attrezzature a furia di rimanere ferme rischiano di rimanere vetuste. Un rischio concreto: altissimi i costi sia di manutenzione che di riparazione, ma macchine di quel genere non possono aspettare che il tempo passi a suon di acari, hanno bisogno di entrare in funzione e di dare speranza a quel pacchetto di malattie che stringono in una morsa i parenti e i loro cari obbligandoli a resettare il loro stili di vita e ad abbracciare nuovi orizzonti.

Dall’Asp di Catanzaro è arrivata l’ultima apertura arriva dal direttore facente funzioni Ilario Lazzaro che intenderebbe sostenere e rilanciare le attività di ricerca e clinico-assistenziali, per superare le difficoltà dovute all’emanazione del Dca 62 del 2020, il provvedimento che separa di fatto ricerca e attività clinica.

 

Giornalista
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