Il tribunale del Riesame di Catanzaro ha scarcerato Luigi Bevilacqua, detto "Gino", indagato dalla Dda di Catanzaro per l'omicidio di Massimo Speranza, meglio conosciuto come il "Brasiliano", vittima di "lupara bianca".

Secondo la Dda di Catanzaro, Luigi Bevilacqua, detto “Gino”, 57 anni, assolto nel processo Reset, avrebbe partecipato sia alla fase ideativa (riunioni a Cosenza e Lauropoli) sia al primo accompagnamento della vittima. Il ricorso è stato presentato dagli avvocati Cesare Badolato e Cesira Staffa. Il Tdl, presieduto dal presidente Migliarino, ha accolto in toto le censure difensive. L'udienza si è tenuta stamane, la decisione invece è arrivata nel tardo pomeriggio.

Luigi Bevilacqua indagato, la linea difensiva

Gli avvocati di Luigi Bevilacqua, detto "Gino", hanno basato la linea difensiva contestando innanzitutto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza avanzati dalla pubblica accusa. In particolare, i legali hanno contestato il concorso morale e materiale e il ruolo ibrido attribuito a Bevilacqua.

Nessun riscontro

La difesa ha messo in evidenza che, contrariamente a quanto sostenuto dalla pubblica accusa, non ci sono riscontri concreti a supporto di queste accuse. Le dichiarazioni accusatorie riguardanti la presunta partecipazione di Bevilacqua al piano omicidiario si sono basate su congetture e interpretazioni non corroborate da elementi probatori oggettivi. La presunta fase esecutiva dell’omicidio, infatti, risulta priva di riscontri verificabili e coerenti con la condotta di Bevilacqua.

Pentiti inattendibili

In particolare, la linea difensiva si è concentrata sull'inattendibilità dei collaboratori di giustizia Pasquale Perciaccante e Celestino Abbruzzese, il cui apporto alle indagini è stato fondamentale per la Dda di Catanzaro, ma che, secondo la difesa, non hanno fornito elementi sufficientemente credibili o coerenti.

La difesa ha anche sottolineato come le dichiarazioni dei due collaboratori siano state caratterizzate da numerose contraddizioni e incongruenze. Nondimeno le propalazioni del pentito Ciro Nigro che, secondo i difensori, non hanno fatto altro che isolare ancora di più le altre dichiarazioni accusatorie degli ex mafiosi cosentini.