Si contano i danni

Tromba d’aria sul quartiere Fondo Gesù, storico cuore produttivo di Crotone: per 60 famiglie l’ennesima mazzata

Il maltempo di questa notte si è abbattuto su un pezzo di storia agricola, spirituale ed operaia della città pitagorica. L'area fu scelta da Eni per diventare un polo industriale, oggi combatte con i veleni delle fabbriche mai bonificate

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di Procolo Guida
27 settembre 2023
19:00

Erano passate le 3.30 da qualche minuto quando l’allarme antincendio ha allertato i telefoni dell’imprenditore Salvatore Perri, che ha subito avvertito i Vigili del Fuoco, intervenuti tempestivamente: «Fortunatamente è successo di notte, poteva essere una strage» ha raccontato l’imprenditore ancora sconsolato. 

Non era incendio, era passata una tromba d’aria carica d’acqua e furia. Ed il tetto di Trony e del supermercato MD sono letteralmente volati sulla strada principale, a centinaia di metri, distruggendo addirittura un’auto nel parcheggio dell’antistante Granaio, che ospita anche gli uffici dell’ASP, nella strada dedicata a Giuseppe Di Vittorio, antifascista e sindacalista, fondatore della Cgil. 


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Questi luoghi, ancora devastati dopo più di 10 ore di lavoro incessante dei Vigili del fuoco, hanno storia antica, anzi storie antiche e gloriose. Qui, via G. Di Vittorio e le dirimpettaie industrie che, ormai ferme da trent’anni, hanno appiedato circa 60 lavoratori, l’autostazione creata con i fondi della tragica alluvione del 1996, hanno una storia emblematica e radicata nell’anima agricola, ma anche mistica ed operaia di quella che fu anche la Milano del sud.

Fondo Gesù, il quartiere nato su un antico monastero

Questo quartiere crotonese denominato Fondo Gesù prende il nome da un’area che originariamente apparteneva ad un monastero, quello di Gesù e Maria appunto. Un’area che era stata posta fuori dalla cinta muraria medievale, alle falde del fiume Esaro, anche per gestire il commercio ed il trasporto del grano. Nel 1519 il monastero ospitò anche l’immagine della Madonna di Capocolonna, che i frati minimi custodirono per alcuni mesi prima della traslazione definitiva nella cattedrale di Crotone.

L’intera area circostante il monastero era coltivata a giardino e orto e nel Settecento vi furono costruiti numerosi magazzini per granaglie e derrate alimentari. Rimanendo un’area di rilevantissimo interesse archeologico, tanto che il nobile crotonese Nicola Sculco, nel volumetto “Ricordi sugli Avanzi di Cotrone”, ricorda  come il fondo “Il Gesù” era di proprietà dei fratelli Berlingieri, che «trovarono vasi, due teste di statue di marmo, una gamba di bronzo di grandezza naturale, diversi tronchi di colonne, capitelli, fregi, tombe, un marmo con iscrizione greca, monete d’argento».

Da polo industriale a discarica di veleni

E come non rammentare che questa zona nord di Crotone, insieme al confinante quartiere San Francesco, trovò facile edificazione di case popolari grazie alla vicinanza con gli insediamenti industriali sia prima della guerra che, a maggior ragione, nel dopoguerra, quando Pertusola e Montecatini furono scelti da Eni per farne un polo produttivo.

Fu proprio il settembre di trent’anni fa a sancire la morte industriale della città e l’inizio del calvario dei veleni, che sono ancora lì in mezzo ai materiali di risulta delle fabbriche usati per costruire strade, case e scuole. Tombati da una speranza di bonifica puntualmente e ciclicamente annichilita, non da ultimo proprio in quella Datel (oggi Abramo Customer care) che sta morendo nell’indifferenza e che doveva essere uno degli strumenti di mutazione proprio della vocazione produttiva della città.

Una risposta forte per sessanta famiglie

Oggi la risposta alla calamità di questa notte deve essere emblematica. Deve essere una risposta immediata e risolutiva, per permettere al più presto a sessanta famiglie (per calcolare solo quelle impegnate direttamente nelle due aziende che non hanno potuto aprire i propri cancelli questa mattina) di non avere nemmeno il tempo di vivere l’ansia di un futuro in bilico. E non solo per loro.

È semplice e a portata di mano, la mano delle istituzioni e dei livelli intermedi e di rappresentanza, che sanno meglio di chiunque altro che questo territorio così in crisi non può permettersi il lusso di perdere alcun pezzo di economia. Una risposta emblematica a Fondo Gesù oggi può e deve rappresentare l’occasione per “attaccarsi” alla rinascita, almeno della speranza.

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