Glicine Acheronte

«Mi ha detto che mi avrebbero arrestato». Quando le confidenze tra manager terrorizzavano la Cittadella regionale

Nel 2019 circolavano anticipazioni (sbagliate) su un’operazione della Dda di Catanzaro che avrebbe coinvolto la burocrazia. E i dirigenti avevano paura: «Non ho chiuso occhio per tutta la notte». Le battute tra colleghi sui futuri blitz: «Ogni volta mi dice “i prossimi siamo noi”»

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di Pablo Petrasso
10 febbraio 2024
06:15

Sugli atti della Cittadella che riguardano il settore dei rifiuti c’è, da sempre, una postilla non scritta: maneggiare con cura. Strade invase dall’immondizia, ricorsi per gare milionarie, indagini della magistratura: gli incubi dei manager sono ben rappresentati negli atti dell’inchiesta Glicine-Acheronte. Gli investigatori, coordinati dai pm della Dda di Catanzaro, concentrano le proprie attenzioni su un periodo storico molto delicato. Sono mesi agitati quelli tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019: c’è da rivedere la norma sui “rifiuti zero” che si è inceppata. I cumuli di scarti invadono le città, gli imprenditori sono in crisi e la politica in panne. La pratica, dice in una delle intercettazioni Mario Oliverio, all’epoca governatore, «va gestita». 

Come se non bastasse, ai dirigenti arrivano le telefonate dei Comuni che manifestano dubbi sulla legittimità del declassamento dei rifiuti organici a “normale” indifferenziata, stratagemma utilizzato per rendere più facile lo smaltimento dei residui.


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Ci si mette anche un servizio giornalistico a rendere ancor più teso il clima. L’informativa “Vincent” del Noe di Catanzaro, confluita negli atti dell’inchiesta, racconta – tra le altre cose – il momento vissuto negli uffici della Cittadella. Le pagine vergate dagli investigatori illuminano il contesto e descrivono processi decisionali, ansie e obiettivi di politici e manager.

Il 18 marzo 2019 la stampa riporta la relazione annuale della segreteria di giunta, che evidenzia – la sintesi è dei carabinieri – «la superficialità con la quale operavano i dipartimenti della Regione, tra i quali quello all’Ambiente e Territorio». Il report interno mette nel mirino «la continua adozione di affidamenti diretti e proroghe nell’affidamento dei servizi». Due burocrati si confrontano e concordano «con quanto scritto nella relazione». Si giustificano vicendevolmente: a loro dire sono spesso costretti ad adottare provvedimenti «borderline».

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Il direttore generale commenta l’articolo assieme a un altro manager. «E poi cita, dice… in particolare c’è… i dipartimenti interessati sono il dipartimento Ambiente, Tutela della Salute e Lavori pubblici. Ora io dico… molto probabilmente quando parla di Ambiente parla… di quello che facciamo noi, no? Capito? Io ora ti ripeto, glielo dissi al presidente, io ora faccio una nota… su questo qua mi devi aiutare tu, no? Dove dico “metteteli voi, fateli voi ‘sti cazzo di cosi”… che tu mi sbandieri pure sopra il giornale, quando ci sono degli atti di gestione che io sono costretto, lo so che sono delle cose che… che magari sono borderline, no? Lo so che sono borderline le cose». Con l’ombra dell’emergenza che aleggia sulla Calabria, le scelte sono spesso obbligate e non si può certo intervenire in punta di fioretto. Anche gli altri manager lo sanno, quella relazione dal tono accusatorio stupisce i due dirigenti. «Guarda, resto sbigottito dinanzi a queste cose», dice il collega al dg. I due sono spiazzati dal fatto che la segreteria di giunta dia addosso ad altri dipartimenti nonostante conosca le difficoltà del settore. 

Confidenze tra colleghi: «Mi ha detto che mi avrebbero arrestato»

Passano i mesi e il clima resta tesissimo. Le inchieste della Procura di Catanzaro non risparmiano politica e burocrazia regionale: tutti si sentono nel mirino e il chiacchiericcio interno crea forti fibrillazioni. Tra i dirigenti c’è qualcuno che millanta conoscenze negli uffici giudiziari e si prende la briga di “anticipare” (soltanto in teoria, come vedremo) le inchieste.

Una conversazione captata dai carabinieri del Noe il 19 giugno 2019 riporta un dialogo rivelatore. Uno dei manager intercettati racconta che qualche mese prima era stato cercato con insistenza da una collega che «lo aveva fatto preoccupare poiché gli aveva confidato di aver saputo che era coinvolto anche lui in un’operazione di Polizia giudiziaria. «Ti devo vedere, ti devo vedere, ti devo vedere», gli avrebbe detto. «Io – continua – venerdì sera vado. “Ci sei pure tu in un’operazione grossissima” e ci dissi “ma scusa, ma che dici, mi arrestano?”. “Sì”».

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Il messaggero della notizia chiarisce anche che «la sua fonte era sicura». Il manager che riceve l’anticipazione è sconvolto: «Tutta la notte a pensare “ma che ca..o ho potuto?”, cioè, non ci può essere una ca..o di cosa. Non ho chiuso occhio». La preoccupazione resta fino a quando vengono notificati i provvedimenti di chiusura indagine ad alcuni dirigenti della Regione Calabria per i fatti relativi alla cosiddetta “Metropolitana di Cosenza”. «Era due mesi fa… più… tre mesi fa… poi è scoppiata la questione».

Il riferimento è probabilmente all’inchiesta sugli appalti pubblici a Cosenza esplosa nel maggio 2019. Il rischio è scampato ma ogni dirigente della Regione può dire che il pericolo è il suo mestiere. Infatti l’interlocutore del manager “avvisato” erroneamente cita tra il serio e il faceto la battuta che gli rivolge spesso un altro collega di dipartimento: «Ogni volta mi guarda e mi fa “i prossimi siamo noi”. Ogni volta… e poi la seconda tornata e la terza tornata di ora… “i prossimi siamo noi”, dico “vaff...”».

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