Una vita per i diritti dei disabili, la distrofia si porta via Antonio Saffioti

Pioniere in Calabria di tante battaglie si è spento a 37 anni dopo avere lottato per tanti anni contro la malattia. Lascia una traccia profonda e indelebile

di Tiziana Bagnato
21 giugno 2020
11:03
Antonio Saffioti
Antonio Saffioti

Zitto Antonio non riusciva a stare. Seppur spesso immobilizzato a letto per mesi diceva la sua, dalla politica al sociale, alla cultura. Era una forza della natura, presente a convegni, presentazioni di libri, festival, concerti, teatro, cineforum.

 


Antonio voleva vivere e lo faceva come meglio poteva, ma sapeva anche che il suo percorso sarebbe stato più breve degli altri. Ci ha lasciato a 37 anni Antonio Saffioti, lametino, per lungo tempo esponente della Fish, Federazione per il Superamento dell’Handicap, pioniere della lotta per il diritto alla sessualità dei disabili in Calabria, autore di due libri, il suo cuore batteva politicamente a sinistra ma era anche un accanito juventino.

 

Antonio aveva la distrofia muscolare di Duchenne. Malattia scoperta quando aveva due anni e progressivamente lo aveva costretto su una sedia a rotelle. E da lì Antonio osservava, rifletteva e rilanciava il suo messaggio di vita. Denunciava ciò che non andava, lo faceva per chi voce non ha, per tutti coloro che della disabilità spesso fanno un’onta.

 

Lui, invece, era fiume in piena, non nascondeva né la sua voglia di vivere né il suo calvario. Quando veniva ricoverato per lungo tempo a Messina dai social raccontava quanto gli accadeva, ci scherzava su: «Vado a fare il tagliando».

 

Della delicata operazione subita per potere finalmente respirare autonomamente ha fatto anche un libro, “Respirare”, scritto a quattro mani con il giornalista Salvatore D’Elia. Antonio voleva lasciare una traccia e ci è riuscito a pieno, ha tracciato un solco nell’approccio alla disabilità.

 

Sta ora a noi, a chi lo ha conosciuto, alle istituzioni, ai singoli, a tutti, fare la nostra parte e rendere tutto, anche ciò che per noi è banale, inclusivo e accessibile anche per chi “vive a 50 centimetri”.

 

Da parte di chi come me lo ha conosciuto sia stando dietro una telecamera che avendo la fortuna di poterlo vivere come amico, va il ringraziamento per i tanti sorrisi che mi ha regalato e per tutto ciò che mi ha insegnato. Un abbraccio alla famiglia che lo ha sostenuto in tutte le sue iniziative e battaglie consentendogli di essere non un disabile, ma solamente Antonio.

Giornalista
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