Coronavirus, la conferenza di Conte sul Dpcm. Poteri ai sindaci, scuole aperte e smart working

VIDEO | A pochi giorni dal varo del precedente decreto e dopo un serrato confronto con le Regioni e gli Enti locali, il Governo ha varato il nuovo Dpcm con misure ancora più stringenti per contenere l’epidemia in Italia. Ecco cosa accade per locali e movida (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Redazione
18 ottobre 2020
21:40

Il premier Giuseppe Conte in diretta da Palazzo Chigi ha presentato il nuovo Dpcm con le nuove misure anti-covid. Aumento importante dei contagi da coronavirus e nuova stretta dunque del Governo annunciata questa sera in una conferenza stampa dal premier che ha anticipato le misure che saranno adottate nel nuovo Dpcm: «Questo provvedimento ci dovrà consentire di affrontate la nuova ondata di contagi. Dobbiamo agire mettendo in campo tutte le misure per scongiurare un nuovo lockdown che finirebbe per compromettere l'intero tessuto economico».

I sindaci potranno chiudere vie e piazze

Per questo motivo «i sindaci potranno disporre la chiusura dopo le 21 di via e piazze dove si creano assembramenti, tutte le attività di ristorazione sono consentite dalle 5 del mattino a mezzanotte se il consumo avviene ai tavoli, altrimenti fino alle 18. Le consegne a domicilio saranno senza vincolo di orario, asporto fino a mezzanotte. Nei ristoranti sarà possibile accogliere un massimo di 6 persone al tavolo».
Nelle sale gioco, centri scommesse, bingo aperture invece fino alle 21.


La scuola

Altro aspetto riguarda la scuola: «Continuerà in presenza, per licei e istituti professionali bisognerà favorire modalità flessibili con ingresso a partire dalle ore 9 e anche con turni pomeridiani».

Quindi lo sport: «Vietato a livello amatoriale, non sono consentite gare dilettantistiche».

E ancora: «Vietate sagre, fiere locali, consentite invece manifestazioni fieristiche di carattere nazionale e internazionale».

Inoltre, tutte le riunioni della pubblica amministrazione dovranno svolgersi a distanza incrementando le modalità per lo smart working.

Le palestre e piscine

Un altro capitolo riservato alle palestre: «C’è stato un intenso dialogo con il comitato tecnico scientifico, molto spesson i protocolli sono rispettati, altre volte no. Allora daremo una settimana per adeguare i protocolli di sicurezza. Se questo avverrà non ci sarà ragione di chiudere le palestre altrimenti saremo costretti a sospendere le attività sportive al chiuso in palestre e piscine».

 

«Non abbiamo abbassato la guardia»

Conte avverte che c’è l’impegno a ristorare «questi imprenditori. La strategia non è quella attuata in primavera. Lì – fa presente il premier - non eravamo in grado di fare test».

Un passaggio dell’intervento ha riguardato le attività finora realizzate: «Abbiamo lavorato intensamente, abbiamo raddoppiato i posti in terapia intensiva, adesso produciamo 20 milioni di mascherine chirurgiche, distribuiamo mascherine ogni giorni a studenti, ospedali, forze di polizia. Siamo consapevoli che abbiamo ancora criticità, dobbiamo evitare file per i tamponi, non abbiamo mai abbassato la guardia, questa strategia muove da un'analisi dettagliata in base al piano del cts. Dobbiamo impegnarci per tutelare la salute ma anche l'economia. Le misure più efficaci rimangono le precazioni di base, mascherina, distanziamento, igiene personale».

Il lavoro del Governo e delle Regioni


Le nuove misure annunciate questa sera dal premier sono il frutto di un lungo e difficile lavoro di concertazione che il Governo ha imbastito prima di tutto con le Regioni. L’ultimo confronto è iniziato poco dopo le 9 di questa mattina. In videoconferenza, convocati dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, si sono presentati Regioni, Anci e Upi. All’incontro hanno partecipato anche il ministro dell'Università, Gaetano Manfredi e il commissario all'emergenza, Domenico Arcuri, il ministro della Salute, Roberto Speranza, la ministra della Scuola, Lucia Azzolina, la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, e il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli.
Con la nuova stretta si cerca di fermare la diffusione della malattia, che, nonostante il numero preoccupante di nuovi contagi, offre anche segnali che inducono ad un cauto ottimismo.

Curva in crescita esponenziale, ma…

Infatti, la curva che rappresenta i casi di Covid-19 in Italia è in salita, ma per la prima volta dopo molti giorni i 10.010 casi del 16 ottobre mostrano che non c'è stato il raddoppio che cominciava a vedersi ormai da lunedì scorso. «Mentre tutti i giorni della settimana hanno finora mostrato un aumento dei casi doppio rispetto a quello della settimana precedente, venerdì 16 ottobre questo non è accaduto», ha detto all'Ansa il presidente dell'Accademia dei Lincei Giorgio Parisi, parlando a titolo personale. Anche per il fisico Enzo Marinari, dell’Università Sapienza di Roma, la curva punta decisamente verso l'alto e dove sia il picco non è noto perché tutto dipenderà dalle misure di sicurezza adottate.

Cauto ottimismo

Venerdì 9 ottobre i casi erano stati 5,372 e, in caso di raddoppio, venerdì 16 avrebbero dovuto essere 10.744. «Questo non è accaduto e - ha rilevato Parisi - potrebbe anche essere una fluttuazione statistica, da valutare sulla scala di una settimana». Solo l'andamento dell'epidemia nei prossimi giorni potrà dire se la curva continuerà a salire rapida o se modificherà il suo andamento. Non si può escludere che il leggero miglioramento, se confermato, sia un effetto di un maggiore ricorso alle misure di contenimento. «D'altro canto, ha osservato il fisico, si è visto che anche in altri Paesi c'è stato un aumento esponenziale poi diventato meno ripido. Nessuno, però, ha la sfera di cristallo».

Le differenze con marzo

Si può dire invece, ha detto ancora Parisi, che «siamo entrati in una situazione di aumento esponenziale costante». Se il tempo di raddoppio fosse stato confermato anche il 16 ottobre, facendo un'estrapolazione il 13 novembre avremmo potuto avere 100.000 casi in un giorno. È una situazione comunque diversa da quella del marzo scorso, quando i casi aumentavano di dieci volte in una settimana.

Causa scatenante

C’è invece un punto interrogativo sulle ragioni dell'impennata dei casi avvenuta in ottobre: «Non è chiaro perché sia successo - ha detto - e le possibili ragioni sono tante». Dalla fine del periodo caldo ai mezzi pubblici affollati, all'uso non capillare delle mascherine. Per saperne di più, ha rilevato l'esperto, «servirebbero informazioni dettagliate a livello epidemiologico, ma non è noto se esistano». Bisognerebbe anche conoscere il numero dei test antigenici rapidi, da sommare a quello dei tamponi.

 

 

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