La sentenza

Omicidio Bruni a Cosenza, il boss Patitucci assolto anche in Cassazione

Nel 2019 la Corte d’Appello di Catanzaro aveva dichiarato l’insussistenza delle prove a suo carico. Quel giudizio portava la firma del giudice Petrini, poi arrestato dalla Dda di Salerno. Il magistrato aveva dichiarato agli inquirenti di aver ricevuto somme di denaro da Manna per l’assoluzione

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di Antonio Alizzi
27 ottobre 2021
18:00
Francesco Patitucci
Francesco Patitucci

La Suprema Corte di Cassazione ha assolto Francesco Patitucci (e Roberto Porcaro), esponente di vertice della cosca “Lanzino” di Cosenza, accusato di essere uno dei mandanti dell’omicidio di Luca Bruni, ucciso nel 2012 nel comune di Castrolibero, su decisione – vista la sentenza odierna – del clan degli “zingari” di Cosenza. Il provvedimento degli ermellini giunge dopo un iter processuale travagliato. In primo grado infatti Patitucci era stato condannato in abbreviato a 30 anni di carcere, mentre la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, il 4 dicembre del 2019, aveva riformulato la sentenza, dichiarando l’insussistenza delle prove a carico di Patitucci. Quel giudizio portava la firma dell’ex presidente della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, poi arrestato dalla Dda di Salerno. Processo che, successivamente, entrerà a far parte di un capitolo giudiziario in cui sono indagati lo stesso Petrini e l’avvocato Marcello Manna, difensore di Patitucci.

 
Petrini, infatti, aveva dichiarato ai magistrati di Salerno di aver ricevuto delle somme in denaro da Manna per assolvere Patitucci. Gli investigatori delle Fiamme Gialle di Crotone, titolari dell’inchiesta sull’ex magistrato di Foligno, avevano immortalato il momento in cui Manna avrebbe consegnato i soldi all’ex giudice. Questa circostanza, secondo i pm, è la prova della corruzione tra l’allora togato e uno dei penalisti più importanti della Calabria, nonché sindaco di Rende. Chiuse le indagini, tuttavia, Manna ha sollevato più di un dubbio sulla realizzazione di quel video, affermando che sono emerse diverse anomalie che, senza dubbio, saranno affrontate durante le prossime fasi processuali. 


 

Oggi, tuttavia, si arriva alla conclusione che il clan “Lanzino” non deliberò la morte del fratello di Michele Bruni, il quale, come dichiarò lo stesso Patitucci nel processo di primo grado, era legato all’imputato da un’amicizia criminale. La Cassazione, dunque, ha rigettato il ricorso della procura generale di Catanzaro, nonostante la pubblica accusa avesse chiesto l’accoglimento dei motivi del reclamo.Patitucci, infine, si trova in carcere per l’ergastolo inflittogli dalla Corte d’Assise di Cosenza nell’ambito del duplice omicidio Lenti-Gigliotti. Francesco Patitucci è difeso dagli avvocati Marcello Manna e Luigi Gullo, mentre Roberto Porcaro è assistito dai penalisti Luca Acciardi e Sergio Rotundo.

 

 

 

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