La decisione

Omicidio Di Spena a Lamezia, confermata in appello l’assoluzione di Pasquale Torcasio

Già il gip del Tribunale di Catanzaro lo aveva assolto anche a causa delle dichiarazioni lacunose dei collaboratori di giustizia. La Procura ha appellato la sentenza chiedendo una condanna a 30 anni di reclusione

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11 giugno 2022
13:49

È stata riconfermata dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro l’assoluzione di Pasquale Torcasio cl. 80 (difeso dall’avvocato Antonio Larussa del Foro di Lamezia Terme) accusato dell’omicidio di Enzo Di Spena avvenuto a Lamezia Terme il 7 novembre del 2001. A Torcasio veniva contestato il reato di omicidio aggravato dalla premeditazione nonché dalle modalità mafiose e dall’agevolazione mafiosa per aver fatto parte del gruppo di fuoco, ascrivibile alla famiglia Torcasio, che aveva deciso l’eliminazione di Di Spena in quanto ritenuto soggetto legato a contrapposte consorterie e che qualche mese prima aveva avuto un litigio con Vincenzio Torcasio.

In particolare, a Torcasio veniva ascritto il ruolo di aver studiato e monitorato nei mesi precedenti le abitudini di vita della vittima anche presso la sua abitazione. Optato per il giudizio abbreviato, il gip del Tribunale di Catanzaro, il 7 luglio 2021, lo aveva assolto dall’accusa di omicidio e da quella in tema di armi per non aver commesso il fatto. Nel decidere l'assoluzione il gip riteneva la mancanza di elementi individualizzanti e di riscontro rispetto al propalato generico e dubitativo dei collaboratori di giustizia.


Il riferimento è alle dichiarazioni del collaboratore Gennaro Pulice, le uniche ad afferire al ruolo indicato nel capo d’imputazione ma non autosufficienti, in costanza del fatto che l’aver intravisto il Torcasio nei pressi dell’abitazione del Di Spena non possa direttamente essere collegato ad un progetto omicidiario. Prive di valenza individualizzante e lacunose anche le dichiarazioni di Angelo Torcasio e prive di valenza probatoria quelle di Muraca.

Concludeva il gip: «Alla luce delle considerazioni suesposte emerge come permane un dubbio più che ragionevole in merito alla partecipazione di Torcasio all’omicidio di Di Spena (nello specifico con il ruolo di aver studiato le abitudini di vita della vittima). Tale dubbio viene pacificamente integrato dalla mancanza di dichiarazioni individualizzanti e dei relativi riscontri e, conseguentemente, la mancanza di prove. Per tali ragioni Torcasio Pasquale va assolto da tutti i reati a lui ascritti per non aver commesso il fatto».

Sennonchè la Procura della Repubblica di Catanzaro appellava la sentenza di assoluzione, ritenendo errata la sentenza assolutoria e ritenendo la piena convergenza dei racconti di Gennaro Pulice e Angelo Torcasio. Il 9 giugno 2022 veniva celebrato il processo di appello dinnanzi alla Corte di Assise di Appello di Catanzaro (Presidente dott.ssa Capitò, a latere dott. Commodaro). La Procura Generale chiedeva il riascolto dei collaboratori Pulice e Torcasio o in subordine di tutti quelli che erano stati sentiti nell’ambito del procedimento.

A tale richiesta si opponeva la difesa dell’imputato ritenendo non necessario il riascolto dei collaboratori alla luce dei recenti arresti giurisprudenziali ed anche in considerazione della opzione per il rito abbreviato, nonché produceva la sentenza di assoluzione dei correi emessa dalla Corte di Assise di Catanzaro (irrevocabile per uno dei coimputati). Veniva rigettava la richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale, e successivamente la Procura Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro chiedeva la riforma della sentenza assolutoria e conseguentemente la condanna di Torcasio alla pena di anni 30 di reclusione (l’ergastolo chiesto in 1° grado).

La Corte di Assise di Appello di Catanzaro, accogliendo completamente le argomentazioni difensive dell’avvocato Antonio Larussa, difensore del Torcasio Pasquale, che facevano leva sulla mancanza di convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori, affette da evidente genericità, confermava la sentenza di assoluzione di Pasquale Torcasio per non aver commesso il fatto, ribadendosi ancora una volta l’estraneità dell’imputato al fatto di sangue in esame.

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