Omicidio Grande, il collaboratore di giustizia Santino Mirarchi condannato a 10 anni in appello
Ridotta la pena: in primo grado era di 14 anni. Secondo la ricostruzione della Procura, il fatto di sangue è da inquadrare nella faida consumatasi nel territorio di Borgia e Roccelletta tra il 2005 ed il 2010
Da 14 a 10 anni di reclusione. La Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro ha così rideterminato la pena nei confronti di Santino Mirarchi, collaboratore di giustizia e accusato dell’omicidio di Luigi Grande. Questa mattina la Corte ha emesso una nuova sentenza di condanna riducendo però parzialmente la pena inflitta in primo grado a Mirarchi, da 14 a 10 anni di reclusione. Le parti civili nel processo sono rappresentate dall'avvocato Anselmo Torchia mentre Santino Mirarchi è assistito dall'avvocato Michele Gigliotti.
L'omicidio
Secondo la ricostruzione della Procura, l'omicidio si inquadrerebbe nella sanguinosa faida consumatasi nel territorio di Borgia e Roccelletta, in provincia di Catanzaro tra il 2005 ed il 2010. Anni in cui la figura di Massimo Falcone emergeva quale esponente di spicco della famiglia Cossari, killer conosciuto per la sua capacità criminale e per la significativa spregiudicatezza. Falcone stava trascorrendo in Sila, all'interno del villaggio Lagomar, la sua latitanza quando fu raggiunto da due killer e giustiziato assieme al cugino Davide Iannoccari. Questo evento diede inizio al sanguinoso scontro tra il gruppo Cossari e la falange ‘ndranghetista guidata da Nando Catarisano.
La faida
La risposta dei Catarisano non si fece attendere. Ed infatti nell’agosto 2009 fu dapprima sequestrato e poi ucciso Giuseppe Fraietta cognato di Santo Mirarchi il quale venne a sapere che quella sera di agosto ad assistere al sequestro del cognato vi era proprio Luigi Grande, amico di vecchia data di Fraietta, che vantava uno strettissimo legame con il clan guidato da Catarisano. Secondo, quanto ricostruito il 12 agosto dopo aver prelevato Luigi Grande dalla propria abitazione Mirarchi si sarebbe recato assieme alla vittima in località Manganella di San Floro, dove consumò il suo proposito delittuoso, malmenando Grande con un legno, legandolo col fil di ferro, al fine di conoscere i dettagli del rapimento e il nome degli autori.
La condanna di Mirarchi
Una volta ottenute informazioni utili e ben comprendendo che quelle azioni avrebbero avuto conseguenze avrebbe sparato due volte in testa alla vittima per poi provare a bruciarne il cadavere, ritrovato in forma scheletrica solo nel novembre del 2009. In primo grado, il gup del Tribunale di Catanzaro, Antonio Battaglia, aveva inflitto una condanna a 14 anni di carcere. Mirarchi era stato inoltre condannato a pagare il risarcimento del danno in favore delle parti civili, stabilite in una provvisionale di 100mila euro per ciascuna.