La riflessione

Omicidio Trovato, Lamezia ripiomba nell’incubo ma i cittadini hanno il dovere di reagire

L'efferato delitto avvenuto in pieno centro lascia sgomenta un'intera comunità che oggi rivive il dramma della lunga scia di morti ammazzati che per anni l'hanno dilaniata. Ora però è necessario reagire (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Manuela Serra
7 marzo 2022
23:03
Il luogo dell’omicidio (foto ansa)
Il luogo dell’omicidio (foto ansa)

Sono da poco passate le 19. Lamezia. Una via centrale, traffico, macchine in coda, passanti. Colpi di pistola, forse quattro, forse cinque. Tre persone ferite. Le sirene di ambulanze e forze dell’ordine risuonano in una città pietrificata. La folle corsa in ospedale, una piazza transennata, il sangue sull’asfalto.

Nell’agguato avvenuto nella centralissima piazza Borrelli, a pochi passi dal Tribunale della città, due persone avrebbero premuto il grilletto sparando contro Luigi Trovato, 52 anni, il fratello 37enne Luciano e Pasquale D’Angela, 34 anni, mentre si trovavano in automobile. Un efferato delitto che non ha lasciato scampo al primo, forse il vero obiettivo. Un omicidio che anche per le modalità, il tempo, il luogo, lascia sgomenta e attonita un’intera città. La vittima era stata coinvolta nella maxi operazione denominata Perseo (assolta in via definitiva poi lo scorso dicembre), che nel 2013 aveva portato in carcere oltre sessanta persone ritenute collegate, a vario titolo, alla cosca di 'ndrangheta Giampà. Una delle tante inchieste che negli ultimi anni hanno decapitato le cosche nel Lametino, che hanno rasserenato una comunità che sembrava aver dimenticato il rumore dei colpi di pistola, la scia di sangue dei morti ammazzati che per anni hanno macchiato strade e il nome di una città marchiandola a fuoco con i termini ‘ndrangheta e mafia. La tregua è terminata. Stasera Lamezia è ripiombata nell’incubo. E di bocca in bocca corre un’unica frase: “Erano anni che di omicidi qui non si sentiva parlare”. L'ultimo delitto a Lamezia Terme, prima di quello di stasera, era stato quello dell'avvocato Francesco Pagliuso, di 43 anni, ucciso il 9 agosto del 2016.


Ma la società civile oggi deve reagire. Deve gridare No alla criminalità, deve dire No alla vile e assurda legge del sangue versato per pareggiare un conto o chissà per quale assurdo motivo. No alle frasi “se si ammazzano tra loro, non sono fatti nostri”. No. Sono fatti nostri. Sono fatti di ognuno di noi, di ogni singolo cittadino che ha il dovere di viverla fino in fondo questa terra, di coltivare speranze e raccogliere futuro. Saranno ora gli inquirenti a fare luce su quello che sembra un agguato di stampo mafioso. I cittadini facciano la loro parte.

Giornalista
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