Operazione Katarion, droga a fiumi: così la criminalità sta uccidendo la costa tirrenica

VIDEO | Tra gli assidui consumatori di sostanza stupefacente c'è anche Junior Muto. Il figlio del boss è oggi indagato e indicato dagli inquirenti come esponene di spicco della nuova consorteria criminale del cosentino

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di Francesca  Lagatta
11 marzo 2021
17:50

Così tanti episodi di spaccio di stupefacenti da non poter essere descritti o valutati singolarmente. Il quadro che emerge dalle carte dell'inchiesta Katarion, che ieri ha portato all'arresto di 18 persone, è agghiacciante. Sul Tirreno cosentino, documentano gli inquirenti, la droga scorre a fiumi. La vendono gli esponenti del clan Muto, anche per mantenere i detenuti e loro famigliari, la vendono i piccoli spacciatori di quartiere per poter coprire le spese del consumo personale, la "tirano" e la fumano tutti, in modo trasversale, a prescindere dal titolo di studio o dalla posizione economica.

La droga si è impossessata delle vite di chi ne fa uso e questo dà origine a un circolo vizioso che annulla la propria esistenza e quella delle persone vicine. I numeri sono impressionanti, tanto che pure gli investigatori, a un certo punto, alzano le mani e smettono di riportare ogni singolo episodio negli atti ufficiali, perché se ne perderebbe il conto.


Il coraggio di una nonna

Non stupisce quindi che sia una nonna disperata a provare a mettere fine allo scempio. La donna, esasperata dalle condizioni del nipote, si reca dalle forze dell'ordine per denunciare la drammatica situazione che sta vivendo la sua famiglia. È quello lo spunto consegnato agli inquirenti per indagare nuovamente sulla piazza di spaccio a Cetraro e dintorni, nonostante, soltanto qualche mese prima, la Dda di Catanzaro abbia provato a ripulire il territorio togliendo soldi, ossigeno e uomini al locale clan di 'ndrangheta, facente capo all'anziano boss Franco Muto, arrestato l'ultima volta nell'operazione Frontiera del 2016, ma oggi totalmente estraneo alle accuse mosse nella nuova inchiesta condotta dagli uffici guidati dal magistrato Nicola Gratteri.

Il figlio del boss schiavo della tossicodipendenza

Avvicinarsi troppo al fuoco, aumenta il rischia di bruciarsi. Lo sa bene Junior Muto, 42 anni compiuti lo scorso dicembre, figlio del boss meglio noto come "re del pesce", oggi tra i 44 indagati dell'inchiesta Katarion. Gli inquirenti lo indicano come uno dei quattro promotori, dirigenti e finanziatori dell’associazione criminale, con posizione di vertice all'interno della consorteria. È come se avesse preso il posto del padre, ormai anziano e malato, e del fratello, Luigi Muto, quest'ultimo ritenuto dalla magistratura il nuovo reggente della cosca fino alla mattina dell'arresto avvenuto durante l'operazione antindrangheta di cinque anni e mezzo fa.

Ma "Zorro", così chiamano Junior a Cetraro, la droga non si limita a spacciarla, ne consuma ingenti quantità tanto da essere diventato, almeno nel periodo a cui si riferiscono le indagini, e cioè il 2016, un tossicodipendente. Ma il padre Franco, che per quasi 40 anni ha gestito ogni singolo grammo di droga del Tirreno cosentino, non lo deve sapere. Junior cerca, per quanto possibile, di tenerglielo nascosto. Lo fa mandando alcuni amici a comprare la cocaina al posto suo. Lui non si può esporre, perché anche se papà è a capo di una cosca mafiosa, così dice una sentenza del 1994 passato in giudicato, non può sopportare che suo figlio possa consumarsi come una candela, giorno per giorno, per colpa di quella robaccia che per decenni ha usato per costruire il suo impero di soldi e potere.

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