Il difensore di Luigi Mancuso ha avanzato la richiesta nei confronti di un componente della Corte. Chiesti anche 8 concordati di pena Gli imputati sono in totale 49
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Richiesta di astensione per il giudice Giovanna Mastroianni e otto concordati di pena. Questo quanto accaduto oggi nel processo di secondo grado a Catanzaro relativo all’operazione denominata Petrol Mafie.
È stato in particolare l’avvocato Paride Scinica a chiedere la revoca dell’ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro ha stralciato la posizione del suo assistito, Luigi Mancuso, e di conseguenza è stata avanzata richiesta di astensione per il giudice Mastroianni dall’intero processo Petrol Mafie. Ciò poiché – ad avviso del difensore di Luigi Mancuso – tutti gli imputati sono stati iscritti nel medesimo procedimento penale (Rinascita Scott) dove il giudice Mastroianni ha svolto le funzioni di Gip autorizzando diversi decreti intercettivi ed esprimendo così valutazioni in ordine alla ritenuta presenza dei gravi indizi circa l’esistenza della consorteria mafiosa. Gli attuali imputati di Petrol Mafie – ha rimarcato l’avvocato Scinica – sono quindi transitati dopo l’iscrizione nel procedimento denominato Rinascita Scott. L’ufficio di Procura ha invece chiesto il rigetto della richiesta di astensione del giudice Matroianni avanzata dall’avvocato Paride Scinica e la Corte d’appello scioglierà la riserva nell’udienza dell’8 luglio prossimo.
È stata poi formalizzata la richiesta di concordato di pena per i seguenti imputati: Nicola Amato, (cl 1975), di Catania (condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi); Sergio Leonardi (classe 1978), di Catania (condannato a 8 anni e 10 mesi in primo grado); Giulio Mitidieri, (1952), di Marsicovetere (Pz, condannato in primo grado a 5 anni e un mese); Damiano Sciuto, (1989), di Catania (condannato in primo grado a 4 anni e 5 mesi); Francesco Mancuso, (cl ’57), di Limbadi, detto “Tabacco” (condannato in primo grado a 10 anni e 2 mesi); Gennaro Visese, (classe 1977), di Napoli (condannato in primo grado a 2 anni); Alberto Coppola (classe 1977), di Napoli (condannato in primo grado a 9 anni e 10 mesi); Roberta Coppola, (cl 1998), di Torre del Greco (condannato a 4 anni e 4 mesi). Sulla richiesta di concordati la Corte si è riservata la decisione e ha rinviato all’8 luglio anche per sciogliere altre questioni preliminari. Gli imputati in totale sono 49.
Tra le condanne del primo grado di giudizio spiccano i 30 anni di reclusione inflitti a Luigi Mancuso (che risponde non solo per le contestazioni di Petrol Mafie, ma anche per quelle mosse in Rinascita Scott) e i 30 anni di carcere per Giuseppe D’Amico di Piscopio, cugino dell’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia e già sindaco di Stefanaconi, Salvatore Solano che è stato invece condannato a un anno per il reato di corruzione elettorale (ha incassato in primo grado l’esclusione dell’aggravante mafiosa e l’assoluzione dai reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e concorso in turbativa d’asta con l’aggravante mafiosa). L’attività investigativa ha fatto emergere gravi indizi a carico di persone ritenute vicine alla mafia che, grazie alla collaborazione di imprenditori e gestori di attività economiche ubicate in Sicilia, avrebbero costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere, con base a Vibo Valentia, finalizzata alla evasione dell’Iva e delle accise su prodotti petroliferi.
A tale filone d’indagine si sono poi uniti i presunti condizionamenti sulla Provincia di Vibo, dalle elezioni del 2018 agli appalti.
Il sistema di frode consisteva nell’importazione dall’est-Europa di prodotti petroliferi artefatti (miscele) e oli lubrificanti, successivamente immessi in commercio come gasolio per autotrazione, con conseguenti cospicui guadagni dovuti al differente livello di imposizione.
I prodotti venivano, quindi, trasportati, con documentazione di accompagnamento falsa, presso i siti di stoccaggio nella disponibilità dell’associazione, ubicati a Maierato e Santa Venerina, pronti per essere immessi sul mercato. Salvatore Solano rispondeva invece dei reati di corruzione elettorale, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa (in concorso con il cugino Giuseppe D’Amico, arrestato). Sotto processo anche tre dipendenti della Provincia: Antonio Francolino, Isaia Angelo Capria e Gaetano Del Vecchio (tutti imputati per turbata libertà degli incanti e tutti assolti in primo grado). Luigi Mancuso è invece accusato di essere a capo del “Crimine” di Vibo Valentia, struttura di ‘ndrangheta che “governa” i singoli “locali” di ‘ndrangheta.
Associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, corruzione, scambio elettorale politico mafioso, turbativa d’asta i reati, a vario titolo, contestati.