L’udienza

Processo a Facciolla davanti al Csm: sentiti il procuratore Borrelli e il giornalista Valenti

Il capo della Procura di Salerno ricorda il momento in cui affidò al magistrato cosentino un fascicolo fermo da quasi dieci anni. Escusso anche il direttore del Quotidiano del Sud

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di Antonio Alizzi
11 luglio 2022
21:48
L’ex procuratore Facciolla
L’ex procuratore Facciolla

È ripreso davanti alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura il processo contro il magistrato Eugenio Facciolla, ex procuratore di Castrovillari, trasferito nel 2019 dal Csm al tribunale di Potenza con le funzioni di giudice civile, a seguito dell’indagine avviata dalla procura di Salerno per i reati di corruzione e falso. Dal punto di vista disciplinare, il magistrato Facciolla deve difendersi da tre incolpazioni, già illustrate in altri servizi.

Nella scorsa udienza, presieduta dal vicepresidente di Palazzo dei Marescialli, David Ermini, il collegio giudicante aveva autorizzato l’esame testimoniale di undici testimoni, ma nella seduta odierna si sono presentati soltanto il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli e il direttore del Quotidiano del Sud, edizione Calabria, Rocco Valenti. Gli altri quattro assenti, insieme ad altri cinque testimoni, saranno escussi nella giornata del 19 luglio 2022.


Processo disciplinare contro Facciolla, parla Borrelli

L’avvocato Ivano Iai, difensore di Eugenio Facciolla, ha “interrogato” il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, circa i rapporti di lavoro intercorsi con l’ex capo della procura di Castrovillari. “Sono stato procuratore aggiunto di Catanzaro dal 2009 al 2014 ed avendo in ufficio un procedimento penale pendente da circa dieci anni, ho pensato di affidarlo a Facciolla che in quel momento era sostituto procuratore generale di Catanzaro, in quanto era un attento conoscitore delle dinamiche criminali del Cosentino”. L’inchiesta, come si ricorderà, è “Tela del ragno”, da cui nacquero due filoni processuali: uno sulla presunta associazione mafiosa operante tra Paola e Amantea, riconducibile al clan “Serpa”, e l’altra sugli omicidi avvenuti negli ultimi 40 anni nel Tirreno cosentino, tra cui quello di Luciano Martello.

«Fu io a decidere questa cosa - ha detto Giuseppe Borrelli - perché Facciolla si era interessato in precedenza alla zona del Cosentino. Questo processo era rimasto senza “padre” e in quel periodo giunse una grossa informativa del Ros di Catanzaro, per cui pensai che Facciolla, avendo ottenuto la sua disponibilità, fosse la persona giusta per portare avanti quel tipo di attività investigativa. Chiuse le indagini e se non ricordo male portò avanti anche il dibattimento». Circostanza vera, in quanto Facciolla ha seguito sia il rito abbreviato sia quello ordinario (sia a Paola che in Corte d’Assise a Cosenza), ottenendo raffiche di condanne e soprattutto tanti “fine pena mai”, confermati poi in Cassazione. Inoltre, l’avvocato Iai ha chiesto al procuratore di Salerno se in quel periodo vi furono fughe di notizie, ma il magistrato campano ha risposto che «non ricordo nulla di significativo, ma non posso dire se si siano verificate o meno».

Poi è stato introdotto il tema dei collaboratori di giustizia. «Ricordo che Facciolla sentì quantomeno i fratelli Serpa e dispose varie attività d’intercettazione, ma non ho mai rilevato alcuna criticità rispetto al suo lavoro in questa indagine. Per “Tela del ragno”, Facciolla diede un contributo sicuramente in termini positivi, visto che si trattava di un fascicolo colossale». Altro argomento messo sul banco della sezione disciplinare è quello con il giornalista di cronaca giudiziaria del “Quotidiano del Sud”, Paolo Orofino. “Sì, lo conosco” ha detto Borrelli. «I miei rapporti con lui risalgono al periodo in cui ero a Catanzaro. Ricordo che era un cronista che girava in maniera continua per gli uffici giudiziari di Catanzaro, aveva rapporti con altri magistrati, insomma era molto attivo sul fronte della ricerca delle notizie». Infine, una domanda inerente il secondo capo d’incolpazione. «Ha mai avuto notizie di articoli “comandati” da Facciolla a Orofino?», ha domandato l’avvocato Iai, e Borrelli ha risposto «No, mai». Il procuratore generale Giovanni Di Leo non ha inteso porre alcun quesito al magistrato Borrelli.

Processo contro Facciolla, le dichiarazioni del direttore Valenti

Il secondo testimone di giornata è stato il direttore Rocco Valenti, alla guida del “Quotidiano del Sud”. Escussione riconducibile al secondo capo d’incolpazione, secondo cui Facciolla avrebbe “ordinato” a Orofino di attaccare Gratteri. «Orofino è un dipendente esterno alla struttura redazionale del mio giornale» ha detto Rocco Valenti. «Facciolla lo conosco per le sue attività professionali, di persona credo di averlo visto una volta nel corso di un evento pubblico. Rapporti tra i due? Non so cosa si dicessero, ma so che si conoscevano. Se con Orofino ho parlato di Facciolla? Che ricordi no» ha aggiunto Valenti. E ancora: «Non sono a conoscenza di documenti consegnati da Facciolla al cronista Orofino, ma se vi fossero non sarebbero conservati di certo nell’archivio del giornale».

L’avvocato Iai ha chiesto al testimone se il giornale da lui diretto si fosse occupato in passato delle vicende penali e disciplinari del magistrato Facciolla: «Abbiamo pubblicato qualcosa sul giornale, ma non ricordo chi li ha scritti” ha spiegato il direttore, il quale ha dichiarato di non sapere se Orofino avesse rapporti con altri magistrati di Catanzaro, ma “so che scriveva notizie riguardanti quel territorio. Se Orofino ha scritto articoli riguardanti le attività investigative della procura di Castrovillari? Non ricordo».

La “palla” è passata in seguito al procuratore Di Leo. «Antonio Anastasi è un redattore del mio giornale, presta servizio da Crotone. Sia lui che Orofino rispondono a me, non ci sono contatti giornalieri tra i due perché a livello territoriale si occupano di cose diverse» ha illustrato Valenti. «Non ho mai ricevuto lamentele dirette o indirette da Facciolla circa un articolo scritto da Anastasi nel processo a Crotone contro il maresciallo Carmine Greco» ha concluso il direttore del “Quotidiano del Sud”.

Chiesta l’acquisizione dei file audio delle intercettazioni 

La pubblica accusa e la difesa di Facciolla hanno chiesto l’acquisizione dei file audio delle intercettazioni che formano i capi d’incolpazione sulla rivelazione dell’escussione di un pentito (Franco Bruzzese, ndr) che Facciolla avrebbe fatto a Nicola Inforzato e sulle telefonate intercorse con il cronista Paolo Orofino. Il collegio giudicante si è riservato di decidere, appena avrà ottenuto una richiesta motivata con i dettagli dei Rit, alcuni in dotazione alla procura di Roma, altri alla procura di Salerno.

Parla Eugenio Facciolla

«Dopo l’interrogatorio del procuratore generale, ho appreso di essere stato intercettato dalla procura di Salerno» ha dichiarato Facciolla, quasi al termine della seduta disciplinare. «Ho formalizzato in quella sede la richiesta di accesso agli atti, visto che hanno intercettato tutta la mia stirpe, e ho scoperto che ci sono 120-130 faldoni. Ne ho potuti vedere una minima parte, e rilevando alcune di queste intercettazioni, che mi vengono contestate, nei brogliacci si dice l’esatto contrario. Aggiungo infine che con grandissima difficoltà non abbiamo trovato alcun file audio a Salerno e sottolineo che io non ho canali preferenziali» ha concluso l’ex capo della procura di Castrovillari. Il presidente Ermini ha anticipato che il processo contro Facciolla dovrà concludersi entro il 25 settembre, ultima data utile prima della scadenza della consiliatura in corso.

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