La sentenza

Processo Crypto, 514 anni di carcere per i narcotrafficanti: ha inciso l’aggravante della transnazionalità

Il gup di Reggio Calabria ha riconosciuto la bontà dell'impianto accusatorio della Dda che ha ricostruito i rapporti tra il gruppo Certo-Cacciola-Pronestì di Rosarno con sodalizi siciliani, torinesi e cosentini

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di Antonio Alizzi
16 marzo 2023
18:18

Quasi 514 anni di carcere per gli imputati del processo “Crypto”. La sentenza emessa alle 20 di ieri nell’aula bunker di Reggio Calabria conferma le indagini della Guardia di Finanza reggina sulla presunta associazione dedita al narcotraffico capace di instaurare rapporti solidi con gruppi criminali della Sicilia e del Piemonte. Ramificazioni, come detto nel servizio di ieri, estese anche in provincia di Cosenza, con il presunto sodalizio finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti diretto da Francesco Suriano. L’inchiesta si è basata essenzialmente sull’operatività del clan “Certo-Cacciola-Pronestì” di Rosarno indicato dalla Dda di Reggio Calabria come organizzato e autorevole sul fronte del narcotraffico tanto da far arrivare la droga anche al Nord Italia.

La sentenza firmata dal gup distrettuale di Reggio Calabria Giovanni Sergi, ha posto l’accento anche su un’altra questione che probabilmente sarà discussa nel processo d’appello, ovvero che non vi erano singoli gruppi operanti sul territorio ma un’unica consorteria. Ciò ha prodotto in termini di pena il riconoscimento dell’aggravante della transnazionalità che pertanto ha consentito al giudice di primo grado di infliggere condanne molto pesanti a otto imputati tutti condannati a 20 anni di carcere: Giuseppe Cacciola, Bruno Pronestì, Vincenzo Raso, Domenico Certo, Nicola Certo, Francesco Cambria, Roberto Porcaro e Francesco Suriano.


L’indagine “Crypto” è stata suddivisa in tre tronconi: i rapporti tra i rosarnesi e i siciliani circoscritti al capo A1, quelli tra i rosarnesi e i piemontesi raggruppati nel capo B1 e infine quelli tra i rosarnesi e i cosentini di Amantea presenti nel capo C1. Il tutto sotto il vincolo del gruppo “Certo-Pronestì-Cacciola” a cui arrivava la droga da rivendere poi agli altri presunti narcotrafficanti.

Dell’ambito associativo, secondo il gup Sergi, non ne fanno parte Angelica, Caruso, Guerra, Mirra, Saccotelli, Spagnoli, Vercey e Truono, tutti assolti dal capo A, ovvero l’associazione a delinquere. Il gup Sergi, inoltre, ha interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e legalmente per la durata della pena gli imputati Giuseppe Battaglia, Giuseppe Cacciola, Francesco Cambria, Francesco Cavarra, Domenico Certo, Nicola Certo, Michele Chindamo, Paolo Cirelli, Orazio Coco, Antonio Gullace, Carmelo Listro, Alessandro Marigliano, Alessio Martello, Massimiliamo Mazzanti, Matteo Mero, Walter Modeo, Stefano Montagono, Marco Paladino, Antonio Paletta, Gennaro Paletta, Giampiero Pati, William Pati, Santa Pitarà, Giulio Pizzo, Maurizio Pizzo, Roberto Porcaro, Bruno Pronestì, Vincenzo Raso, Alessandro Scalise, Manuel Spagnoli, Antonio Stelitano, Lorenzo Stelitano, Francesco Suriano, Alessandro Talarico, Giuseppe Trombetta, Francesco Varone, Alessandro Villani e Gianfranco Viola. Cinque anni d'interdizione dai pubblici uffici invece per Pasquale Giovinazzo, Vincenzo Vercey, Fabio Vitale, Franco Vitale e Giuseppe Vitale.

Infine il gup di Reggio Calabria ha revocato la misura cautelare a Rocco Cacciola, Massimiliano Guerra e Alessandro Raso. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.

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