Processo Lanzino, sentenza rinviata al 6 maggio VIDEO

Era attesa per oggi la sentenza del processo per l’omicidio di Roberta Lanzino, la studentessa di Rende stuprata e uccisa 27 anni fa. L’avvocato di Sansone su boss pentito: ‘è un farabutto, lo prenderei a schiaffi’
di Redazione
23 aprile 2015
15:56

Cosenza - Tutto rimandato al 6 maggio. Era attesa per oggi la sentenza del processo per la morte di Roberta Lanzino la studentessa 19enne di Rende stuprata e poi uccida il 26 luglio 1988. Dopo 27 anni di indagini e diversi colpi di scena si attende ancora l’epilogo. La giovane Roberta era in vacanza, dopo gli esami universitari aveva deciso di trascorrere alcuni giorni a Torremare di Falconara con i genitori. Era il 26 Luglio e, per essere più indipendente, Roberta ha pensato di portare al mare il motorino, così parte a bordo del suo “Sì”.

 


Ma, Roberta non sapeva che la scelta che stava per fare avrebbe cambiato il suo destino. La giovane ragazza, infatti, invece di prendere la Statale 107, sceglie una strada alternativa ma meno trafficata. Roberta a Torremare di Falconara non ci arriverà mai. Chi ha incontrato lungo quella strada? Due persone con un furgoncino diranno in seguito di aver visto un’auto, una Fiat 131, con due uomini a bordo che seguire la ragazza. Il caso Lanzino va avanti per anni, c’è chi ha detto che quell’auto era di un muratore della zona, che però, aveva un alibi di ferro. Le illazioni sono tante fino a quando nel 2007 un pentito parla: “Roberta Lanzino è stata violentata e uccisa da Luigi Carbone e Franco Sansone a Falconara Albanese. È Franco Pino, ex boss di Cosenza che dal carcere di Siano ha accusato i due specificando che la Lanzino è stata uccisa da Carbone e Sansone e che nel 1989, un anno dopo l’efferato delitto, i Sansone fanno sparire Carbone perché pensava di raccontare la verità.

 

Oggi, mentre erano in corso le arringhe degli avvocati difensori degli imputati, Enzo Belvedere, difensore di Franco Sansone si è scagliato in aula contro le dichiarazioni del boss pentito Franco Pino. “E' un farabutto, andrei sotto casa sua e lo prenderei a schiaffi per quello che ha detto”. Nel sostenere l’innocenza del suo assistito, l’avvocato Belvedere ha utilizzato non solo la prova del dna ma anche le dichiarazioni rese dai testi, definiti tutti inaffidabili. La sentenza, attesa per oggi, è prevista per il 6 maggio.

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