Il reportage

Reggio, rione Marconi in ostaggio del degrado e cittadini esasperati: «Le nostre denunce inutili»

VIDEO | Cumuli di spazzatura ovunque (che spesso vengono anche incendiati), case popolari occupate abusivamente, topi, spaccio e residenti esasperati che, spesso intimoriti e minacciati, non si sentono affatto tutelati (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Anna Foti
16 novembre 2021
06:30

Un campetto sportivo, un parco con panchine e una fontana, pensiline per le fermate degli autobus. Tracce di una vivibilità dignitosa e decorosa che oggi sono segni spettrali del quartiere che fu e che avrebbe potuto ancora essere se, soprattutto nell'ultimo decennio, non avessero preso il sopravvento degrado, illegalità e criminalità.

Qui vive una cittadinanza che si sente completamente abbandonata dallo Stato, isolata al punto da avere anche paura di esporsi per timore di ritorsioni. Irrompe la domanda sul perché le attività di controllo e vigilanza finora poste in essere dalle forze dell’ordine non siano state efficaci al punto da affrancare e rassicurare i residenti e intervenire in modo risolutivo sulle cause di questa grave condizione di malessere.


Situazione fuori controllo

Qui si ripercuotono su pochi gli esiti di politiche di delocalizzazione e integrazione delle persone di etnia rom completamente fallite con conseguenze assolutamente fuori controllo che dalla gestione illegale degli stessi alloggi popolari è degenerata in dinamiche sociali distorte e nell’assoggettamento di un intero quartiere, divenuto pure luogo di smercio di droga e deposito abusivo di rifiuti, con topi ormai stanziali anche nei pressi dell'ingresso di una scuola primaria, ceneri sparse e testimoni tragiche dei roghi appiccati per smaltire le montagne di spazzatura prodotta da persone evidentemente non censite o gettata nel quartiere; roghi che sprigionano diossina e inquinano pericolosamente l'ambiente.

Occupazioni, abusivismo, spaccio, minacce e intimidazioni

Un parco con verde incolto, qualche panchina deteriorata dal tempo e dall'incuria, una fontana senza acqua, pensiline dove gli autobus neanche potrebbero avvicinarsi per la mole di rifiuti che le sommergono.

Di ciò che questo rione è stato fino a una quindicina anni fa, «quando ancora si poteva fare una passeggiata di sera, portare fuori il cane, sentire bambini e ragazzi giocare anche nel campetto sportivo, invitare qualcuno a casa per Natale senza vergognarsi del degrado», ha ricordato un residente, restano questi segni sepolti dall’incuria e dall’arroganza di chi ha reso questo quartiere di edilizia popolare, sorto e ampliato tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, un luogo di illegalità diffusa, in cui gli appartamenti e relative pertinenze, anche liberati a suon di angherie e intimidazioni più e meno velate, vengono occupati senza titolo, venduti illegalmente, deturpati con costruzioni anche abusive; in cui si concentrano le micro discariche di rifiuti alimentate da chi risiede abusivamente o da chi ha svenduto questo rione a chi lo ha reso una pattumiera a cielo aperto; in cui vengono abbandonate vetture rubate dopo essere state tranquillamente smontate; un quartiere divenuto piazza di spaccio favorita anche da un’illuminazione pubblica inspiegabilmente fioca.

Denunce cadute nel vuoto

Una situazione per nulla nuova, di cui tutti certamente sanno, dal Comune fino Governo, e che nel tempo si consolida in tutta la sua gravità mentre le famiglie perbene che vi abitano, che hanno regolarmente riscattato l’alloggio, salvo oggi ritrovarsi nell’impossibilità di venderlo per andare altrove perché nessuna appetibilità ha questo rione per chi voglia vivere tranquillamente, e che pagano le tasse restano senza alcun servizio, non si sentono sicure dentro e fuori dalla loro abitazione e si ritrovano da anni a denunciare soprusi, minacce, danneggiamenti, furti ed effrazioni, che sembrano cadere nel vuoto.

Un residente: «Ho paura e temo per la mia vita»

«Macchine bruciate, gomme tagliate, furti in casa, danneggiamenti continui, comportamenti intimidatori come il sostare in mezzo alla strada per non consentire il passaggio, occupare il box macchina con auto di sospetta provenienza, queste sono le minacce che subiamo. Abbiamo anche tentato di installare delle telecamere ma loro le hanno tolte. Io sono solo. Ogni giorno ho paura e temo per la mia vita. Purtroppo tutte le mie denunce non hanno mai avuto seguito», ha raccontato un residente.

In tanti sono andati via per non sottostare alle angherie quotidiane o perché dall'oggi al domani hanno trovato il proprio alloggio occupato e non hanno potuto riprenderne possesso per la presenza di minori nella famiglia che si era introdotta in casa. Suo malgrado, chi è andato ha lasciato il campo ad altre occupazioni abusive, ha lasciato spazio a chi aveva spadroneggiato proprio con quell'obiettivo. Lo stesso ha fatto chi viveva solo ed è deceduto. Non essendoci alcun controllo sugli alloggi popolari, gli appartamenti con assegnatario non presente o rimasti senza, sono arbitrariamente ritenuti liberi, divenendo facile e ghiotta preda di chi non aspetta altro che di poterli gestire per trarne un profitto illecito.

Tra coloro che restano, c'è chi subisce perché ha figli ancora giovani che non sono andati via e teme per la loro incolumità e c'è chi continua a denunciare. Qualcuno, infatti, confida ancora nel diritto ad essere tutelati e in un intervento risolutivo delle istituzioni, ma è in minoranza perché c'è molta rassegnazione.

Un residente: «Vorrei vendere ma nessuno compra»


«Abbiamo investito i risparmi di una vita per riscattare l'alloggio in un quartiere che oggi è diventato un luogo insicuro e rischioso, una piazza di indisturbato spaccio e un drammatico teatro di roghi di rifiuti. Non intendo abbandonare la mia casa ma è davvero dura perché siamo soli ad affrontare tutto questo. Molti di noi hanno anche paura di denunciare per paura che ci brucino la macchina o ci danneggino l'alloggio», ha spiegato un residente.

«Io vorrei vendere per andarmene ma nessuno vuole comprare l'alloggio che ho riscattato. Quale persona perbene oggi sceglierebbe di acquistare una casa qui dove regnano insicurezza, degrado, arroganza e illegalità diffusa?», ha raccontato un altro residente.

Integrazione dei Rom fallita

Nel tempo, complice anche la gestione delle politiche di delocalizzazione delle persone di etnia rom, con lo sgombero del cosiddetto "208" e il trasferimento anche negli alloggi popolari nella zona nord del quartiere di Arghillà, dove non a caso degrado e illegalità da allora imperversano, il fallito progetto di integrazione ha innescato una spirale di illegalità in cui a fissare le regole non sono le istituzioni ma chi occupa, amplia abusivamente alloggi popolari e intimorisce chi è regolare assegnatario o addirittura proprietario di alloggio, avendolo riscattato.

«Ci ritroviamo a vivere minacciati. Non possiamo andare avanti così. L’obiettivo è far fuggire noi tutti dalle nostre case in modo da lasciare a loro il campo. Questo rione in particolare ha attirato anche persone da Arghillà e addirittura anche da fuori Reggio, da Lamezia. Hanno venduto là i loro alloggi e sono venuti qui, attratte da un quartiere facile preda di chi volesse comandare e mandare avanti in modo indisturbato affari illeciti. Hanno anche un prezzario: appartamento piccolo tremila euro e appartamento grande cinquemila euro», ha raccontato un residente.

L'emergenza ambientale e abitativa

Un sopravvento da attribuire ad una situazione sfuggita, evidentemente, ad ogni controllo e per lungo tempo. Una pratica illegale che diventa anche una possibilità, seppur illegale, per chi sia afflitto da disagio abitativo e non abbia molti mezzi economici, di avere un tetto sulla testa.

Un luogo, insomma, in cui il diritto alla sicurezza, all’incolumità personale e all’integrità del proprio alloggio, anche se regolarmente assegnato e in molti casi anche riscattato, sono negati, in cui lo smercio di droga va in scena sotto i balconi ogni giorno e non solo di notte.

In tale situazione di profondo allarme sociale, paradigmatica è anche l’emergenza ambientale causata dalla micro discariche che attanagliano il quartiere dove evidentemente chi ha occupato abusivamente non è censito, non ha mastelli e getta i rifiuti in strada.

Comportamento posto in essere ogni sera, sotto gli occhi di tutti, che di fatto costringe chi invece i mastelli li ha, e vorrebbe che la raccolta porta a porta funzionasse, a vivere in mezzo ai cumuli di spazzatura, pur pagando regolarmente le tasse. Una situazione aggravata dal contesto generale della gestione dei rifiuti a Reggio Calabria la cui raccolta, anche senza le uscite straordinarie che si rendono necessarie in questo rione e nei quartieri di Ciccarello e di Arghillà nord, patirebbe delle criticità ancora irrisolte di conferimento della frazione organica e di smaltimento degli scarti finali.

Le tracce di una bellezza rubata

Così quelle stesse tracce di una bellezza immaginata, di una visione e di un tempo andato, che adesso sembra lontanissimo, sono oggi segni tangibili di una condizione di abbandono di cui tutti sanno e sulla quale nessuno è intervenuto in modo efficace per ripristinare sicurezza, igiene, decoro e vivibilità.

Il quartiere significativamente ampliato con decine di alloggi popolari nuovi durante la primavera di Reggio con Italo Falcomatà sindaco, dunque negli anni Novanta, e pensato come zona residenziale popolare con spazi comuni e luoghi di aggregazione, è oggi irriconoscibile.

Se chi deve intervenire può permettersi di tollerare, alla cittadinanza, che creda ancora miracolosamente nello Stato e che resta inascoltata, è dato solo di resistere. Ma fino a quando ciò, che non avrebbe dovuto essere consentito, sarà sostenibile?

Giornalista
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