Il processo

Reset, il ruolo dominante degli Abbruzzese nel narcotraffico cosentino: «Luigi è il reggente della cosca»

L'approfondimento dibattimentale questa volta ha riguardato il presunto clan nomade di via Popilia e i suoi molteplici interessi nel traffico di sostanze stupefacenti

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di Antonio Alizzi
15 febbraio 2024
18:51
L’aula bunker in cui si svolge il processo
L’aula bunker in cui si svolge il processo

Uno dei capitoli investigativi più solidi di "Reset" è senza dubbio il narcotraffico. Nell'ultima udienza che si è svolta a Lamezia Terme, la Dda di Catanzaro ha chiamato in aula la sezione della Squadra Mobile di Cosenza che si è occupata degli Abbruzzese "Banana" di Cosenza, ritenuti al vertice della cosca degli "zingari" di via Popilia. Il lungo esame si è concluso nel tardo pomeriggio e ha riguardato tutte le posizioni che sono in ordinario. Ma la premessa è stata ovviamente fondamentale per capire il sentiero che hanno seguito gli investigatori.

Il primo dato utile, in tal senso, è stato quello inerente la figura di Luigi Abbruzzese, alias "Pikachu", considerato il "reggente" del clan di origine nomade. Un gruppo criminale che già a "Testa di Serpente", l'antipasto di "Reset", ha subito pesanti condanne in ordine ai reati di tentato omicidio, estorsione e armi. Su "Pikachu" infatti l'ufficiale di polizia giudiziaria Marco Bilotta ha illustrato quelli che sono stati gli elementi indiziari a carico del figlio di Fioravante Abbruzzese, quest'ultimo imputato nel processo abbreviato. Insieme a Luigi Abbruzzese sono emerse le posizioni di tanti altri presunti esponenti legati, secondo la Dda di Catanzaro, all'associazione a delinquere dedita al narcotraffico. Parliamo di Marco Abbruzzese (detto lo Struzzo e fratello di Luigi), Andrea Greco, Antonio Abruzzese, Rosaria Abbruzzese, Andrea Carpino, Giovanni Aloise, Claudio Alushi, Fiore Bevilacqua (alias Mano Mozza), Nicola Bevilacqua, Antonio Colasuonno, Francesco Mazzei, Fabrizio Fuoco, Francesca Tiralongo, Massimiliano Lo Polito, Paolo Recchia, Alessandro Stella, Giuseppe Belmonte, Mario Trinni, Domenico Salerno, Pasquale De Rose, Antonio Lucà, Pasquale Bruni (classe '79), Rosina Arno, Pietro De Mari e Cristian Francesco Ruffolo.


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Le attività d'indagine, ha spiegato Bilotta, sono state portate avanti grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e alle intercettazioni eseguite in varie modalità: dal famoso trojan a quelle telematiche. Senza dimenticare quelle cosiddette "ambientali". Insomma, un modus operandi consolidato per un'inchiesta di questo tipo che segue le orme in realtà di altri procedimenti penali che hanno avuto successo, vale a dire "Job Center", dove fu falcidiato il gruppo di Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri (indagini condotte dalla stessa sezione che oggi ha trattato le dinamiche degli Abbruzzese "Banana"), e "Testa di Serpente", che a marzo sarà discusso davanti alla Corte d'Appello di Catanzaro.

Ma l'argomento più ghiotto, da un punto di vista investigativo, è senza dubbio quello che è stato dibattuto a metà udienza, quando il testimone qualificato ha introdotto le conoscenze e gli affari illeciti che avrebbero portato a termine la cosca degli italiani con gli "zingari". Un filone che parla dei rapporti che Mario "Renato" Piromallo, Antonio Illuminato e Salvatore Ariello, avrebbero avuto con alcuni soggetti militanti, secondo l'ufficio antimafia, nel gruppo Abbruzzese. Non solo dunque associazioni di idee ma anche riscontri che sarebbero in corso e sui quali ovviamente vige il segreto istruttorio.

Nel corso della deposizione, il teste ha anche riferito che Luigi Abbruzzese era incline a fidarsi di soggetti che non conosceva ma che comunque avrebbe attivato alcuni canali per rifornirsi anche in provincia di Reggio Calabria. In particolare con persone orbitanti nella zona di San Luca, vero fulcro della 'ndrangheta a livello mondiale. Il controesame si terrà nella prossima udienza.

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