Ricorso della Dda di Catanzaro contro la mancata confisca dei beni dei Vrenna. Rischia anche il Crotone calcio

Nel ricorso si definisce 'non condivisibile e ingiustificabile' la decisione del tribunale di Crotone di rigettare la richiesta di confisca di tutti i beni
di Redazione
29 gennaio 2016
16:32

La Dda di Catanzaro ha presentato ricorso in Corte d’appello contro la decisione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Crotone di rigettare la richiesta di confisca di tutti i beni, compreso anche il Crotone Calcio, del gruppo imprenditoriale che fa capo ai fratelli Raffaele e Gianni Vrenna e della misura di prevenzione personale nei loro confronti.


La richiesta era stata avanzata dopo le dichiarazioni che alcuni collaboratori di giustizia avevano fatto sul gruppo Vrenna sostenendo che gli imprenditori avrebbero pagato una cosca della ‘ndrangheta per «assicurarsi» da attentati e danneggiamenti. Nel ricorso, firmato dai procuratori aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto e dal pm Domenico Guarascio, si definisce “non condivisibile e ingiustificabile” la decisione del tribunale che fa una “valutazione atomistica di ogni prova, onde sminuirne la rilevanza, ricercando, di volta in volta, una spiegazione favorevole ai proposti, alternativa a quella avanzata dal pm, ponendo in essere chiare forzature logiche e perdendo di vista il significato probatorio delle complessive risultanze di prova, ai fini di un’autonoma valutazione del giudice della prevenzione allo scopo dell’evidenziazione del contenuto del cosiddetto ‘giudizio di pericolosità sociale”.


La Dda contesta, tra l’altro, che i giudici del Tribunale hanno svilito le dichiarazioni di alcuni collaboratori, finendo per emettere un decreto inerente le misure di prevenzione “che anziché concentrarsi sui dati e sugli elementi indiziari globalmente intesi ai fini della ricostruzione del giudizio di pericolosità sociale, ricerca arbitrariamente motivazioni inerenti l’inattendibilità dei dati offerti nella proposta, sulla base di ricostruzioni non controllate ed arbitrarie». Inoltre i pm sostengono che è stata omessa una valutazione globale delle risultanze tese ad «individuare con congruità quel terreno di contiguità mafiosa che serve per la pericolosità sociale”, evidenziando che alla Dda interessa questo aspetto e non il riconoscimento dello status di partecipe all’associazione dei Vrenna.

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