L’inchiesta

Percolato nel fiume Mesima e tonnellate di rifiuti su un campo di grano nel Parco delle Serre, le accuse al gruppo Guarascio

VIDEO | I rilievi nel rapporto dei carabinieri: «Odore disgustoso e cumuli di organico misto a plastica e vetro». Le segnalazioni di cittadini ed enti e gli “aiuti” da Regione e Arpacal

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di Alessia Truzzolillo
15 marzo 2024
15:01

«Un odore acre, pungente e disgustoso». Questo hanno sentito i carabinieri appena giunti in contrada Fillò, nel Comune di Serra San Bruno, dopo aver seguito un autoarticolato della ditta di smaltimento rifiuti Ecologi Oggi. La zona si trova nel Parco regionale delle Serre e nelle vicinanze c’è un acquedotto. L’autoarticolato, siamo nell’estate del 2021, aveva prelevato del materiale organico dal piazzale dell’impianto di compostaggio Eco Call di Vazzano. In seguito lo aveva scaricato in un campo di contrada Fillò, un luogo nel quale era stato di recente coltivato e tagliato del grano. Avvicinandosi a questi cumuli, i militari, oltre all’odore acre, pungente e disgustoso, hanno osservato che tra il materiale organico «si notava la presenza di plastiche anche di dimensioni considerevoli e la presenza di residui di vetro di varie dimensioni». In tutto, su quel campo, sarebbero state scaricate 264 tonnellate di rifiuti.

Non compost ma «rifiuto inquinante»

Inquinamento ambientale, smaltimento illecito di rifiuti. Sono alcuni dei reati di cui è accusato Eugenio Guarascio, 70 anni, di Lamezia Terme, patron del Cosenza Calcio ma, ancora prima, uno dei più importanti imprenditori nel settore dello smaltimento rifiuti in Calabria. Amministratore unico della 4El Group srl, proprietaria delle quote azionarie della Eco Call spa e della Ecologia Oggi spa. È stato candidato a sindaco di Lamezia Terme nel 2019 col Partito Democratico e attualmente è consigliere comunale d’opposizione. E a Lamezia Terme, ora, con la sorella, sconta l’obbligo di dimora comminato dal gip di Vibo Valentia Barbara Borelli.


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Al centro di tutto c’è l’impianto di compostaggio Eco Call spa, creato a Vazzano, del quale la sorella Ortenzia Guarascio, 59 anni, è amministratore unico (oltre a essere anche amministratore delegato della Ecologia Oggi spa).
In sostanza, questo impianto avrebbe dovuto produrre compost per l’agricoltura ma in realtà il ciclo produttivo presentava criticità e ai Comuni e alle aziende veniva consegnato un prodotto non finito, da ritenersi, scrive la Procura guidata da Camillo Falvo, «rifiuto inquinante». Le analisi di laboratorio, in occasione dei vari campionamenti, hanno rilevato valori non conformi ai limiti normativi.

Percolato nel Mesima e rifiuti nel Parco delle Serre

Non meno grave, per quanto riguarda l’inquinamento ambientale, è lo scarico del percolato prodotto dall’impianto, sulla pubblica via «con conseguente sversamento nel vicino fiume Mesima». Gli indagati, inoltre, si sarebbero disfatti di circa circa 264 tonnellate di rifiuto privo del requisito dell'eco-compatibilità, depositandolo in contrada Fillò del Comune di Serra San Bruno, area ricadente all'interno del Parco Regionale delle Serre.

Indagati e responsabilità

In questa inchiesta della Procura di Vibo vi sono indagate 11 persone e tre società (quelle poc’anzi nominate).
L’inquinamento ambientale coinvolge tutti: oltre ai fratelli Guarascio anche Francesco Currado, tecnico responsabile dell’impianto di “produzione di ammendante compostato da matrici organiche selezionate” della Eco Call; Giuseppe Caruso e Rosario Fruci, amministrativi col compito di «coordinare l’attività di ricezione delle frazioni umide, le operazioni di trattamento, nonché facendo uscire dall’impianto il prodotto non finito, conferendolo ai comuni ed alle aziende, con la consapevolezza delle criticità del ciclo produttivo e della mancata maturazione dei semilavorato e, quindi, della natura di rifiuto (e non di ammendante) del materiale.

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Maria Carmela Amato e Alessandro Giardiello, dipendenti di Ecologia Oggi, stretti collaboratori di Ortenzia Guarascio, avrebbero partecipato a alle varie verifiche eseguite all’impianto, “in qualità di supporto tecnico dell’azienda Eco Call”; Gianfranco Comito, direttore Generale del dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria, accusato di aver agevolato l’autorizzazione per la Eco Call a ricevere, oltre ai rifiuti organici della provincia di Vibo Valentia e dei Comuni limitrofi della provincia di Catanzaro, anche Città Metropolitana di Reggio Calabria per un periodo di 90 giorni poi prorogati in ulteriori 90 giorni; Vincenzo De Matteis, dipendente della Regione Calabria - settore Ciclo integrato dei rifiuti - avrebbe allertato Ortensia Guarascio dell’imminente controllo dei carabinieri del Nipaaf; Dario Franco Giuliano e Nicola Ocello, funzionari dell’Arpacal di Vibo Valentia, avrebbero omesso di segnalare, dopo un controllo, la necessità di sospendere l’attività della Eco Call vista l’incapacità dello stabilimento di ricevere un quantitativo superiore di rifiuti organici limitandosi a prescrivere (suggerire) una riduzione di quantitativo di matrice umida in ingresso.

Le segnalazioni sull’inquinamento ambientale

L’inchiesta nasce dalle segnalazioni di privati e di enti. Già a dicembre 2020 il gruppo consiliare Vazzano Bene Comune, aveva presentato un esposto avente ad oggetto il presunto inquinamento ambientale presso lo stabilimento Eco Cal dovuto alla fuoriuscita di percolato e materiale organico.
I carabinieri del Nipaaf (nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale), allora, avevano redatto un’informativa  nella quale dichiaravano l’opportunità di effettuare un nuovo accesso ispettivo insieme ad Arpacal, Asp e Vigili del fuoco.
Nonostante questo, la Regione Calabria, a dicembre 2020, aveva prorogato per altri 90 giorni il conferimento dei rifiuti anche dalla città metropolitana di Reggio Calabria. In regione bastava il rapporto dell’Arpacal del primo ottobre 2020 senza chiederne uno nuovo «nonostante le inosservanze alle prescrizioni dell’Aia. (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) e a quelle dell’autorità competente, riscontrate da Arpacal il 18 novembre 2020».

C’è, però, da sottolineare un dato importante: l’Arpacal aveva eseguito il controllo a ottobre 2021, insieme ai carabinieri della stazione forestale di Vallelonga, ma aveva trasmesso il rapporto solo a maggio 2021, sei mesi dopo. «Quindi – scrive il gip di Vibo –, da un lato, la Regione ometteva doverosamente di richiedere un nuovo sopralluogo e una nuova relazione prima di prorogare e, dall’altro, l’Arpacal non trasmetteva l’esito del suo controllo del 18.11.2020 che avrebbe potuto essere utile (anche alla luce di quello che sarà il contenuto delle relazione stessa) al diniego della proroga».

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