Sanità, il cardiochirurgo del Sant'Anna conferma: «Ho curato 120 pazienti calabresi altrove»

Dopo il nostro articolo Daniele Maselli chiarisce: «Quei soldi si sarebbero potuti risparmiare lasciando lavorare a casa propria chi ne aveva titolo e diritto». E sui pazienti trasferiti a Napoli: «In un Paese libero hanno diritto di seguirmi dove vogliono»

11 maggio 2021
13:48

«Ho letto con ovvio interesse l'articolo sul mio riposizionamento quale direttore di una delle più prestigiose strutture cardiochirurgiche del nostro Paese: la Clinica Mediterranea di Napoli» così in una nota il cardiochirurgo, Daniele Maselli, replica all'articolo "Sanità, il cardiochirugo del Sant'Anna si trasferisce a Napoli e porta anche i suoi pazienti". 

La clinica napoletana

«Una Istituzione che ha annoverato fra i suoi illustri professionisti il professor Condorelli, il professor Chiariello lo stesso professor Indolfi che oggi dà lustro a una delle migliori cardiologie d’Italia! Quella del Policlinico di Catanzaro. Ma non posso celare la mia delusione per due aggettivi usati e che non posso esimermi dal commentare e contestualizzare. Il mio riposizionamento a Napoli è stato certo “provvidenziale” sia per la mia famiglia, che ha visto improvvisamente mancare l’unica sua fonte di reddito, che per i miei pazienti i quali, vivendo noi fino a prova contraria, in uno stato libero, hanno il diritto di seguirmi dove vogliono. Tanto più che nel far questo non subiscono alcuna coercizione eccetto quella che viene dalla loro stessa ansia di avere per sé e per i propri cari quello che ritengono essere il meglio. Confermo il mio riposizionamento è stato certamente provvidenziale per me e per loro!»


«Riguardo le mie attività sono libere nel senso più alto del termine e non “libere”, libere perché svincolate da logiche clientelari o da influenze massoniche o mafiose o da esigenze di carriera. Io opero notoriamente solo chi ne ha bisogno anzi tutti quelli che ne hanno bisogno anche se hanno un rischio alto o molto alto. Li opero ovviamente, vivendo in un paese libero, rappresentato da un Presidente che si chiama Mattarella e non Stalin, dove voglio e quando voglio aderendo alle linee guida internazionali e pretendendo dalle strutture in cui opero i più elevati standard qualitativi. La Clinica Mediterranea ha investito centinaia di migliaia di euro per adeguare le sue strutture ai miei standard di qualitá, quelli che hanno consentito al Sant'Anna Hospital di eseguire 42 interventi per posto letto all’anno contro i 22 e i 23 di altre strutture».

I rapporti con gli ospedali

«Non mi sono sentito altrettanto libero quando decisioni calate dall’alto hanno imposto ai cardiologi dell’Ospedale di Cosenza prima e di Catanzaro poi (almeno cosí i colleghi hanno affermato, esprimendo il loro rammarico per non potersi servire delle competenze del mio gruppo di professionisti) di inviare i loro pazienti presso la Cardiochirurgia dell’Universitàdella Magna Graecia. Certamente si ignora quanto i pazienti suddetti siano stati e siano “liberi” perché si ignora che i pazienti suddetti possono si recarsi presso il Sant'Anna Hospital, ma per farlo devono autodimettersi sotto la propria responsabilitá e pagare un servizio di trasporto in ambulanza con costi variabili fra 300 e 700 euro. Questo solo per esercitare un diritto sancito dalla Costituzione Italiana, quello di farsi curare da chi meglio credono».

La storia

«Mi sono specializzato in Cardiochirurgia nel 1994. Lo confesso, non ero capace di fare nulla perché nessuno me lo aveva lasciato fare, nonostante fosse un suo compito istituzionale. Ho dovuto emigrare all’estero per trovare qualcuno che mi insegnasse ad operare. Ancora oggi, dopo quasi trent’anni ricevo chirurghi neo-specialisti che non sanno fare niente, perché nessuno glielo insegna e che non possono competere con i loro colleghi europei. Io opero nel privato dal 2006 da quando cioè, dopo aver partecipato inutilmente a innumerevoli concorsi il cui vincitore era noto a tutti prima ancora che il concorso si espletasse, decisi di basarmi solo sulle mie forze e di non usare a fini di carriera né la mia lingua né il mio deretano».

Il lavoro nel privato

«Da allora ben due volte prestigiose universitá italiane hanno chiesto ai vertici istituzionali di concedermi l’idoneitá a professore vedendoselo negare “perché non ero uno di loro”. E l’idoneitá che in Italia troppo spesso si concede e non si acquisisce mi è stata negata non riconoscendomi un titolo che la volta precedente era stato considerato valido dalla stessa commissione! Ho scoperto che nel privato non ci sono concorsi né gare di appalto, va avanti solo chi sa fare bene il proprio lavoro e chi consegue risultati stabili nel tempo. Nel privato opera chi è capace non chi è figlio di qualcuno. Nel privato ho potuto mettere alla porta chi mi offriva viaggi e sponsorizzazioni in cambio di valvole o pace-maker. Nel privato si presta una attenzione maniacale ad evitare le complicanze perché le complicanze costano e non le paga qualcun altro. Nel privato il paziente è curato e coccolato perché se stará bene porterá altri pazienti. Nel privato si è liberi! Non “liberi”».

Oltre 120 pazienti fuori regione

«Confermo che dal 1 Febbraio 2021 ho operato altrove piú di 120 pazienti calabresi di altissima complessitá per un esborso di oltre 2 milioni di euro. E annuncio! Una prestigiosa Istituzione del nord Italia sta investendo per creare le infrastrutture che ho richiesto per esercitare la mia nobile arte. Quei soldi si sarebbero potuti risparmiare? Certo! Lasciando lavorare a casa propria chi ne aveva titolo e diritto e che a casa propria era tornato proprio per evitare che la gente dovesse emigrare. Si puó evitare? Certo! Lasciando lavorare i privati calabresi che assorbono 200 milioni di euro contro i 4 miliardi e 500 milioni del pubblico!»

Il pubblico sprecone

«Si puo’ fare meglio? Certo! Accreditando tutti gli ospedali calabresi che ad oggi (ad esclusione del Sant'Anna) non sono accreditati. Creando una centrale unica di acquisto per tutta la regione, eliminando gare di appalto locali o addirittura per singola specialitá. Chiedendosi come mai il Sant'Anna paga gli stessi presidi da 2/3 ad ½ di quanto li pagano gli ospedali pubblici.Si puó fare creando un sistema basato sul merito, quello che ho visto solo negli ospedali privati.Si puó fare lottando per una societá equa, quella in cui un padre carabiniere come il mio che lavorava di notte da scrivano a mia insaputa per mantenermi agli studi, può vedere il proprio figlio realizzare un sogno che sembrava proibito senza doversi inginocchiare col cappello in mano davanti a nessuno!».

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