Bruno Fuduli e la lettera in cui spiega le ragioni dell'estremo gesto

L’ex collaboratore di giustizia e infiltrato del Ros nella missiva avrebbe ribadito la sua amarezza per essere stato abbandonato dallo Stato dopo aver permesso alcuni tra i più ingenti sequestri di stupefacenti nella storia della lotta al narcotraffico

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19 novembre 2019
11:10

Non ci sono margini di dubbio. Bruno Fuduli, l’ex collaboratore di giustizia e infiltrato del Ros, l’uomo grazie al quale sono scattati alcuni tra i più ingenti sequestri di stupefacenti della storia della lotta al narcotraffico, si è tolto la vita volontariamente. Il 58enne di Filandari - da tempo fuoriuscito per scelta dal programma di protezione non lesinando critiche nei confronti dello Stato - ha infatti lasciato una lettera per motivare le ragioni dell’estremo gesto cui ha dato seguito nel tardo pomeriggio di ieri. Il contenuto della missiva, stando a quanto trapela, ripercorrerebbe la sua storia personale e, in particolare, la sua esperienza di pentito “abbandonato dallo Stato” e rivelerebbe una condizione ormai divenuta per lui insopportabile al punto di decidere di farla finita, impiccandosi. Procedono in questa direzione le indagini coordinate dal procuratore facente funzioni di Vibo Valentia Filomena Aliberti che ha disposto l’esame cadaverico sul corpo di Fuduli. L’ex imprenditore nel campo dei marmi divenuto broker al servizio di due organizzazioni, quella di Natale Scali, nel Reggino, e di Vincenzo Barbieri, nel Vibonese, da ausiliario sotto copertura del Ros diede un contributo fondamentale nella storica operazione antidroga del 2004 denominata “Decollo”. L’uomo si trovava attualmente sotto processo a Roma nell’ambito dell’operazione della Dda di Reggio Calabria denominata “Overloading”, poi trasferita nella capitale per competenza territoriale. In primo grado era stato condannato a 16 anni di reclusione per traffico di cocaina. Un’accusa dallo stesso sempre respinta e per la quale stava affrontando il processo d’appello. Era stato invece assolto lo scorso anno da ogni contestazione nell’operazione “Overing” il cui processo di primo grado si è celebrato dinanzi al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Lucia Monaco. Nei suoi confronti il pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, aveva chiesto al termine della requisitoria 15 anni di reclusione ritenendolo partecipe ad un’associazione dedita al traffico internazionale di cocaina, ma la difesa era riuscita a smontare l’impianto accusatorio. Nel corso degli anni e prima dell’arresto nell’operazione “Overloading”, Bruno Fuduli aveva manifestato più volte, sia in aula nei processi, sia attraverso pubbliche proteste (una a Vibo in occasione della visita della commissione parlamentare antimafia), di sentirsi abbandonato dallo Stato. Da infiltrato del Ros di Catanzaro (all’epoca guidato dal colonnello Giovanni De Chiara) si era recato più volte in Sud America per trattare con narcos colombiani di primissimo piano rischiando ripetutamente la vita e finendo anche sotto sequestro ad opera di narcotrafficanti legati ai gruppi paramilitari delle Farc guidate dal colombiano Salvatore Mancuso.

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