Un magistrato avvicinato dai Grande Aracri e l’assoluzione annunciata al boss Nicolino

Le rivelazioni del pentito Liperoti agli atti dell’inchiesta Farmabusiness. Il mammasantissima di Cutro la fece franca nel primo grado del processo Scacco Matto, ma quel clamoroso verdetto fu ribaltato grazie agli appelli. L’aggancio con il giudice che avrebbe anticipato la sentenza sarebbe stato un dentista di Botricello (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pietro Comito e Luana Costa
4 dicembre 2020
08:10

Dopo un tribolatissimo iter giudiziario, fu condannato. Ora si attende la Cassazione. Ma il processo di primo grado, quello che inizialmente si concluse con una clamorosa sentenza assolutoria per il superboss, ebbe un esito… annunciato.

E ciò sarebbe avvenuto - svela il pentito - grazie ad un magistrato. Verdetto pilotato o semplicemente predetto? Se la gola profonda dice il vero - ma il suo racconto finora è privo di riscontro giudiziario - sarebbe comunque gravissimo, indice della permeabilità dei templi della giustizia.


 

Il dentista e un giudice

Ore 10 del 31 agosto 2017, Milano, Comando provinciale dei carabinieri. I pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed i militari del Ros e del Nucleo investigativo dell’Arma di Crotone interrogano Giuseppe Liperoti (foto a destra). Uomo d’azione, genero di Antonio Grande Aracri, a sua volta fratello del capo assoluto dei cutresi Nicolino alias Mano di gomma e dell’avvocato Domenico.

Liperoti collabora ormai da qualche mese. È un tipo pericoloso e borderline, con un passato da tossicodipendente, che, però, quando vuota il sacco si mostra preciso e circostanziato, almeno per le toghe che hanno valutato il suo narrato. Mette a verbale aneddoti criminali in serie, poi si sofferma, appunto, su Domenico Grande Aracri e sul suocero, Antonio.

 

Sarebbero stati loro - dice - a muoversi per tentare di salvare dall’ergastolo il più blasonato fratello, Nicolino, accusato di alcuni tra i più cruenti fatti di sangue consumatisi nel Crotonese tra la fine degli anni ’90 ed il 2000 e ricostruiti nel processo Scacco Matto. In particolare, Antonio Grande Aracri sarebbe «entrato in rapporti con un dentista di Botricello, il quale, a sua volta, non ricordo bene come, ma se non sbaglio tramite la moglie, era molto vicina ad un giudice…».

 

Una sentenza… annunciata

Il suocero, di questo magistrato gli avrebbe fatto anche il nome. Liperoti lo ricorda e lo dice ai pm. «Lo stesso mio suocero mi diceva che aveva, in un primo momento, parlato esclusivamente, con il dentista delle vicende processuali, successivamente aveva incontrato lo stesso giudice, il quale gli aveva riferito che Ernesto e Nicola Grande Aracri sarebbero stati assolti, mentre Vito Martino non riusciva a non farlo condannare ma, comunque, non gli avrebbe fatto dare l’ergastolo».

 

E ancora: «Non mi ha detto che cosa era stato promesso al giudice, né mi ha riferito se, allo stesso giudice, era stata consegnata una qualche utilità». Episodi, questi, che Liperoti apprese - spiega agli inquirenti - nell’agosto del 2012, quando subito dopo la scarcerazione, era stato destinato ad una comunità di recupero dalla tossicodipendenza a Reggio Calabria. Il centro terapeutico chiuse per due settimane e così fece rientro a Cutro, dove assorbì le confidenze del suocero.

«Effettivamente - aggiunge - la sentenza fu emessa nei termini che mio suocero aveva pronosticato e cioè Vito Martino è stato il solo condannato ad una pena detentiva e non all’ergastolo». Assolti, quindi, Nicolino ed Ernesto Grande Aracri.

Un verdetto… ribaltato

Sono rivelazioni - è importante sottolinearlo ancora, tutte da riscontrare - che, inevitabilmente, gettano ombre sull’imparzialità dell’applicazione delle legge nel distretto giudiziario di Catanzaro e che si legano ad una vicenda processuale fondamentale nella ricostruzione della storia del clan Grande Aracri e del suo strapotere criminale, in Calabria e anche oltre. I riferimenti del pentito vanno alla sentenza che nel luglio del 2012 mandò assolto Nicolino Grande Aracri.  Mentre 30 anni furono comminati a Vito Martino.

La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - nella persona del pm Pierpaolo Bruni (foto a sinistra), oggi procuratore capo a Paola - appellò quel clamoroso verdetto che fu quindi riformato in secondo grado. Il 3 luglio 2015, infatti, la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ribaltò la sentenza per Nicolino Grande Aracri, condannato a trent’anni, mentre per Ernesto Grande Aracri l’assoluzione venne confermata, così come confermata fu la condanna, non al fine pena mai, per Martino.

Tanto la Procura generale di Catanzaro quanto le difese presentarono, quindi, ricorso alla Suprema Corte di Cassazione il 7 giugno 2017 annullò con rinvio per un nuovo giudizio di secondo grado. L’8 luglio 2019, quindi, il processo d’appello bis: ergastolo per Nicolino Grande Aracri, ma anche per Vito Martino. Si attende ora, nuovamente, la Cassazione.

Già ergastolano

Il superboss Mano di gomma, peraltro, sta già scontando un ergastolo definitivo, quello che gli è stato inflitto all’esito di uno stralcio del maxiprocesso Kyterion, frutto dell’indagine coordinata dal pm antimafia di Catanzaro Domenico Guarascio (nella foto a destra) che segnò uno spartiacque definitivo nella storia del crimine organizzato crotonese. Anche Nicolino Grande Aracri, oggi, è tra gli indagati dell’inchiesta Farmabusiness, ai cui atti è stato acquisito anche il verbale d’interrogatorio reso da Giuseppe Liperoti, a Milano, il 31 agosto 2017.

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