La guerra in Ucraina ha superato un nuovo punto di non ritorno. Negli ultimi giorni, le forze ucraine hanno messo a segno operazioni militari spettacolari contro basi missilistiche russe, colpendo centri nevralgici della logistica militare di Mosca.
Si alza l’asticella della tensione militare fra Russia e Ucraina: erano 117, manovrati da altrettanti operatori, i droni coinvolti nell’operazione denominata “Spider Web”, che ha portato alla distruzione di oltre 40 bombardieri russi a migliaia di chilometri dal territorio ucraino. Un attacco coordinato, preciso, che ha colpito esclusivamente obiettivi militari, in un’azione legittima di difesa.

La risposta del Cremlino, però, lascia presagire scenari ancora più drammatici. Con un linguaggio carico di rabbia e minacce, Mosca promette «una vendetta durissima», parlando di una «Pearl Harbor russa» da vendicare. Le cancellerie occidentali tremano: la Russia potrebbe prepararsi a un’escalation senza precedenti, puntando ancora una volta contro civili inermi.
E qui sta la differenza, tragica e fondamentale, tra le due parti in conflitto: l’Ucraina colpisce obiettivi militari, con operazioni precise e mirate a difendere la propria sovranità. La Russia, invece, colpisce scuole, ospedali, case, bambini. Ogni giorno, in spregio a ogni norma internazionale, colpisce qualunque cosa si muova. È una guerra condotta con disprezzo per la vita umana, e non c’è più spazio per l’equivoco: questi sono crimini di guerra.

Ora, a rendere lo scenario ancora più inquietante, si fa largo il timore dell’impiego di armi nucleari tattiche da parte di Mosca. Una mossa che infrangerebbe un tabù che dura dalla fine della Seconda guerra mondiale, spalancando le porte a un’era di orrore che credevamo sepolta nel Novecento.
Di fronte a questa prospettiva, la comunità internazionale deve reagire. Gli Stati Uniti, guidati da Donald Trump, non possono più permettersi ambiguità. Finora, il presidente ha elogiato Putin come «furbo» o «tosto», ma ora non ci sono più margini per la retorica. Se la Russia oltrepassasse la linea rossa del nucleare, la risposta dell’Occidente non potrà essere timida. In gioco non c’è solo il destino dell’Ucraina, ma la credibilità stessa dell’Occidente, la sicurezza globale, l’equilibrio del mondo.

Leone XIV: «Imploro la pace»

Eppure, in mezzo a questo abisso che si apre, una voce si è levata con forza e chiarezza fin dal primo momento: quella di Leone XIV. Le parole del Papa che il mondo dovrebbe ascoltare: «La guerra è la sconfitta dell’umanità. In nome dei popoli, in nome delle madri, dei bambini, dei padri che non tornano, chiedo la pace. Imploro la pace, come uomo, come cristiano, come vescovo di Roma. Che la logica del potere si fermi davanti al pianto degli innocenti. Che le armi tacciano, e parlino solo la diplomazia e la verità».

Questa non è più solo una guerra per il territorio ucraino. È una battaglia per il futuro dell’umanità, per la sopravvivenza del diritto, per la dignità della vita umana. Se la minaccia nucleare diventasse realtà, nessuno potrà dire: “Non sapevamo”. Ma oggi, finché c’è ancora tempo, possiamo scegliere da che parte stare: con la violenza o con la pace, con la paura o con il coraggio della verità.