Aspettando il pacco da giù: cronaca semiseria di un calabrese che non può tornare per Natale

In molti trapiantati al Nord trascorreranno le feste lontano dalla propria terra. E quando i prodotti locali inviati dalla famiglia tardano a essere consegnati il dramma assume i contorni della commedia

di Giusy D'Angelo
19 dicembre 2020
15:20
Il pacco arrivato da giù
Il pacco arrivato da giù

I contorni della catastrofe si erano delineati già in data 9 dicembre. I ritardi erano certificati non solo dall'esperienza dei paesani indignati sui social ma anche da autorevoli fonti giornalistiche.

«Hai letto?», chiedo a mia madre. «Ho letto, ho letto - risponde lei - E ho già parlato con le poste. Non garantiscono la consegna veloce perché hanno troppe richieste». La terra crolla sotto i piedi, le mani tremano. Ma dopo un attimo di smarrimento, si passa all'azione. Il pacco da giù doveva essere mandato prima. Non potevamo attendere i giorni a ridosso del Natale. I ritardi nelle gestioni delle spedizioni erano giunti finanche sulle pagine dei giornali. Rischiavo di non riceverlo per tempo. Tutto poteva andare perduto: dal pane appena cotto alle salsicce fresche. Mai ‘na gioia.


Natale lontano dalla Calabria  

È il mio primo Natale lontano da casa. Il primo al Nord, in terra straniera. Come altri fuorisede non torno al Sud, in Calabria. Mi è costato molto. Ma il pacco, no. A quello non posso e non voglio rinunciare. Così, in meno di 24 ore, la famiglia predispone tutto. Dai regali alle soppressate, dalla fagiola fresca al ragù fatto in casa. E poi il pane duro, capocollo, la provola locale e la farina del mulino. Pure i torroni, ciciri calia (ceci tostati), 'nduja e i limoni dell'orto nelle insenature dello scatolone rimaste vuote. 30 chili, uno per ogni anno della mia vita. Così, con la benedizione di tutti i santi, il pacco parte da Vibo Valentia. Ricevo in breve tempo il primo sms "Entro il... riceverai un pacco in via"... E inizia per me il calvario.

Le consegne in tilt e il dramma dei fuorisede

Sono giorni di trepidante attesa. Mani che smanettano impazienti sul sito del corriere, occhi lucidi che scrutano l'evolversi della consegna. E poi lo scambio concitato di sms con i membri della famiglia: «Hai visto? "Il tuo pacco é in deposito"». Sospiri. Dopo due ore si torna a controllare il tracciamento. "Il tuo pacco é in deposito". Ma come? Dopo tutto sto tempo è ancora fermo lì? E impreco contro il cosmo, contro il sistema, contro i poteri forti e contro il vicino di casa - uno preso a caso - che non c'azzecca nulla in tutta questa storia. Va avanti così per giorni. Poi, all'improvviso, il messaggio della speranza: "Il tuo pacco é in consegna".

In attesa 

Sposto la poltrona vicino alla finestra. Aspetto lì con il plaid natalizio sulle gambe, in penitenza. Scannerizzo con lo sguardo i furgoncini che passano. Ricontrollo il tracciamento e il "tuo pacco é in consegna". Rifletto sulla mia vita. Riscopro anche la fede e recito una sentita Ave Maria. Mi pare poco, ne dico un'altra. Una diversa, per impressionare i piani alti, quelli altissimi. Ma non succede nulla. Passa un altro giorno. Inizia a germogliare il seme della disperazione. Se il pacco non arriva, qua finisce male. Sono pronta ad incatenarmi all'ingresso dell'ufficio postale o anche ai cancelli del deposito del vettore. Ho cercato la sede più vicina su google maps e so come arrivarci. Credo.

Il pacco da giù e il legame con le proprie radici

Quando l’ultimo brandello di sanità mentale si sta per esaurire, un mezzo sbuca dalla nebbia padana e si ferma davanti casa. È lui. Volo giù per le scale divorando i gradini a due a due, e prima che l'addetto suoni il campanello sono già alla porta. Con calzettoni di lana e infradito attraverso trionfante il portico, recupero "l'antico tesoro che andava portato in salvo" e lo adagio dolcemente sotto l'albero di Natale. Scartarlo è una emozione indescrivibile. Lunghi giorni di passione. Poi la rinascita.

So benissimo che posso trovare provole e salami al supermercato più vicino. Ma chi aspetta il pacco di giù sa di cosa sto parlando. Non c'è storia. Il pacco di giù è molto più di un pacco.
È un sentimento, è un filo rosso che ti riconduce a casa tenendoti per mano. Il pacco di giù è l'abbraccio della tua famiglia. È un modo per sentirsi seduti accanto a loro, allo stesso tavolo, nel giorno della festa di tutte le feste. Il pacco di giù è una forma mentis, un patrimonio da tutelare, una poesia d'amore, un regalo che fa scoppiare il cuore di gioia. Dovrebbe essere previsto in un decreto di governo. Il premier Conte ci pensi. Tutti hanno diritto al pacco di giù. Tutti devono conoscere il significato di felicità.

Ps. Lo scritto è un racconto tragicomico di fatti realmente accaduti. Nessun corriere è stato maltrattato o insultato durante la consegna. Col pensiero, sì.

Pss. I problemi affrontati dalle famiglie in questo periodo di pandemia sono ben più gravi di ritardi nella consegna di un pacco. Ne sono consapevole. Possa questo strampalato racconto fornire qualche minuto di spensieratezza.

Giornalista
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