Sinergie

L’università di Reggio protagonista della Biennale di Venezia, alla scoperta del Nilo nel padiglione Egitto

VIDEO | Alla 18^ Mostra Internazionale di Architettura, il secondo fiume più lungo del mondo in un laboratorio aperto curato dalla Mediterranea e dall'Ain-Shams del Cairo. Lunedì una conferenza internazionale

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di Anna Foti
16 luglio 2023
18:30

«Credo sia la prima esperienza in cui due università si mettono insieme per formulare una proposta di allestimento di un padiglione alla Biennale di Venezia. Di solito gli allestimenti sono frutto dell’elaborazione di gruppi di esperti di fama. In questo caso la Mediterranea di Reggio Calabria si è resa protagonista non solo dell’allestimento ma soprattutto della proposta tematica del Nilo e dell’acqua». Ottavio Amaro, docente di Progettazione architettonica dell'università Mediterranea di Reggio Calabria e coordinatore del laboratorio Landscape in Progress, così sottolinea la peculiarità della sinergia tra la facoltà di Ingegneria dell’università di Ain-Shams del Cairo e l’università Mediterranea di Reggio Calabria.

Insieme stanno proponendo al pubblico, nel contesto della 18^ Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia che resterà aperta al pubblico fino a novembre, il padiglione Egitto e il suo cuore pulsante rappresentato dal NiLab, un’inedita e dinamica esplorazione del fiume Nilo.


Antico ed emblematico, il Nilo diventa riflesso dinamico e affascinante delle trasformazioni incessanti dei paesaggi attraversati dai corsi d’acqua e dalla storia. Storia che l’acqua scrive sui territori che bagna, e sulle persone che lì vivono, e viceversa.

Il Cairo e Reggio Calabria

Il Nilo, come il mar Mediterraneo e come lo Stretto, è viva testimonianza dell’acqua come elemento essenziale, capace di trasformare e trasformarsi, di plasmare la storia delle comunità che vivono a contatto con essa. Una partecipazione condivisa tra Il Cairo e Reggio Calabria, nel solco dell’accordo di cooperazione tra le due università sottoscritto nel 2017.

Commissionato dal Ministero della Cultura Egiziano, dall’Accademia d'Egitto-National Organization for Urban Harmony, esso è stato curato dalle due università, nelle persone di Ahmed Sami Abd Elrahman, Marina Tornatora, Ottavio Amaro, Ghada Farouk, Moataz Samir.

Il Nilo, dunque, come laboratorio aperto dove la ricerca è appena iniziata. In questa ottica lunedì, nell’ambito dell’illustre kermesse, avrà luogo un importante appuntamento a Venezia.

NiLab: il Nilo raccontato al mondo

«Un confronto tra i gruppi di ricerca che hanno lavorato e altri esperti e architetti e intellettuali per continuare a ragionare e a proporre. La Biennale è solo un primo step. È un percorso assolutamente aperto». Lo sottolinea Ottavio Amaro, docente di Progettazione architettonica presso il dipartimento dipartimento dArTe dell'università Mediterranea di Reggio Calabria e coordinatore del laboratorio Landscape in Progress.

La storia che scorre anche nei fiumi

Il Nilo che con i suoi quasi 7mila chilometri di acqua attraversa sette stati dell’Africa, mentre il suo bacino idrografico ne comprende dieci, prima di sfociare nel Mediterraneo. Esso diventa emblema di tutti fiumi del mondo. Un osservatorio sulle trasformazioni del paesaggio e della natura nel fluire dell’acqua e del tempo.

Il Mediterraneo e le sfide epocali

«Crediamo fermamente che l’acqua, la sostenibilità e i cambiamenti climatici siano temi strategici nell’epoca che stiamo vivendo. Noi presentiamo un punto di vista che non solo invita a riflettere su valori e principi ma solletica un rinnovamento in termini di disciplinare, di linguaggio e di forma. I temi cruciali per l’Egitto assurgono, così, a temi epocali per l’umanità», evidenzia il professore Ottavio Amaro.

«Il Nilo rappresenta la storia dell’umanità e incarna l’incrocio tra mito e la storia, tra tradizione e identità. Un approccio che da abitanti dello Stretto e del Mediterraneo percepiamo come profondamente familiare. Proporre, in uno spazio aperto al mondo come la Biennale una sperimentazione progettuale su questo per noi è stato, dunque, fondamentale. Altrettanto importante è stata la visione, che abbiamo abbracciato con entusiasmo, di Leslie Lokko, direttrice della mostra di Architettura: ogni padiglione è concepito in una dimensione dinamica, non come una mostra statica in cui presentare dei prodotti già confezionati», prosegue il professore Ottavio Amaro.

La trasformazione e la rigenerazione

«Diciotto siti indagati da 24 università di tutto il mondo. Sei i topic – natura, campagna, città, infrastrutture, industria e archeologia – e per ciascuno di loro tre progetti di rigenerazione. Ecco il futuro che costituisce l’anima della Biennale di Architettura. Su un tavolo i progetti che assumono valore metodologico. Essi incarnano gli strumenti che l’architettura può mettere in campo per attivare strategie di trasformazione e rigenerazione. Si compone così un maestoso atlante di possibili visioni del futuro», spiega la professoressa Marina Tornatora, professoressa associata di Progettazione architettonica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

Un fiume e molteplici visioni

«Lungo il suo corso, il Nilo scandisce così diverse dimensioni: il sito archeologico, il villaggio agricolo, l’area metropolitana, la riserva naturale, le industrie attive e quelle dismesse, le infrastrutture. Nel padiglione, la sua storia è affidata a un’imbarcazione che riproduce la barca solare del faraone, lunga dodici metri e giunta direttamente dal Cairo.

Essa svela tutta l’antichità di questo fiume. Il presente vive poi nel contributo video dal titolo Grand tour sul Nilo del regista Ahmed Yasser. Esso documenta lo stato dell’arte del fiume, la sua bellezza inesauribile e anche i contrasti generati dal confronto con le aree degradate, dove il tempo e l’antropizzazione hanno lasciato tracce profonde», prosegue la professoressa Marina Tornatora.

La bellezza e il degrado: la forza dei contrasti

«È uno sguardo che va oltre. Lo sguardo della ricerca su ciò che luoghi, spazi e comunità sono stati, sono e saranno ancora, come potrebbero essere e come potrebbero diventare. Ecco che le zone archeologiche, incastonate in una natura straordinaria, e le 144 isole scrigno di biodiversità cedono il passo al degrado di aree industriali dismesse. Così il Nilo e la terra che lo costeggia diventano paradigma di un pianeta da salvaguardare e da rigenerare al contempo.

Una immensa lente caleidoscopica attraverso la quale ribaltare il punto di vista: il fiume non come risorsa da sfruttare ma come specchio dal quale imparare la storia e trarre ispirazione e l’acqua come elemento di incessante trasformazione». Pone in evidenza Marina Tornatora.

Passato, presente e futuro

«Lavorare su un elemento geografico e paesaggistico che è fortemente identitario, significa porre l’attenzione sulle dinamiche e sulle caratteristiche che esso innesca nel contesto in cui ricade. La narrazione nel Nilo, in particolare, è pregnante e non conosce tempo. C’è il passato, c’è il presente c’è il futuro. Una contaminazione essenziale.

Esso racconta di sé e degli egiziani, si lascia esplorare, ma poi al mondo proietta un’immensa ricchezza che travalica quello stesso confine geografico. Così quella narrazione non è più solo egiziana ma assume un respiro più ampio e universale». Così conclude Marina Tornatora, professoressa associata di Progettazione architettonica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

 

 

 

 

Giornalista
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