Lo storico Giordano Bruno Guerri ha presentato nel piccolo comune del Cosentino il suo ultimo libro su Mussolini, proponendo una lettura spregiudicata e senza filtri della storia italiana: «Gli italiani erano mussoliniani, non fascisti»
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Una delle tappe più evocative degli eventi in itinere del Premio Letterario Caccuri 2025 si è svolta nel magnifico Castello angioino di Cleto. E a dirla tutta è la prima volta che il premio letterario Caccuri, in 14 anni di attività, decide di uscire fuori dai propri confini, cominciando un tour letterario e culturale proprio da Cleto, per poi arrivare questa sera a Bova.
Avvolti da secoli di storia e arte, sotto una luna che si adagiava dolcemente sul mare tingendolo d’argento, il pubblico di Cleto ha assistito alla presentazione del libro "Benito" di Giordano Bruno Guerri.
Il sindaco Armando Bossio ha espresso con forza l’importanza di ospitare una serata del Premio Caccuri, sottolineando il valore culturale dell’evento e il suo ruolo chiave nella promozione del territorio.
Presenti anche il presidente del Premio, Adolfo Barone, con Olimpio Talarico scrittore e membro dell’Accademia dei Caccuriani, e per LaC il direttore di rete Franco Cilurzo. Il nostro gruppo editoriale è direttamente impegnato a promuovere e sostenere l’attività culturale dell’Accademia dei Caccuriani con il Premio letterario.
A dialogare con l’autore, il direttore dell’informazione di LaC TV, Franco Laratta, che ha insistito molto sulla necessità di conoscere dal di dentro i momenti più drammatici e gravi del fascismo, “perché solo grazie alla conoscenza si può evitare il ripetersi di queste tragedie”.
Nelle risposte, Bruno Guerri ha ribadito l’importanza di dichiararsi antifascisti, ma anche di conoscere la storia nella sua interezza, senza filtri o omissioni: "Del fascismo si è saputo troppo poco e troppo tardi. Molto è stato nascosto, rimosso", ha affermato.
Ha inoltre evidenziato un aspetto ricorrente nella storia italiana: la ricerca di un "politico salvifico", dal culto di Garibaldi a quello di Mussolini, passando per Berlusconi, fino ad arrivare a Giorgia Meloni.
Il volume "Benito" è un’opera meditata a lungo, le cui radici affondano nella tesi di laurea dello stesso Guerri. Il libro si propone di indagare l’uomo, prima ancora del politico, mettendone a nudo i lati più intimi, psicologici, umani.
Uno degli spunti più originali offerti da Guerri è la distinzione tra fascismo e mussolinismo. Secondo lo storico, «gli italiani erano mussoliniani, non fascisti», perché si identificavano con l’uomo, non con l’ideologia. Mussolini incarnava l’immagine del superuomo familiare, accessibile, quasi domestico. Non “il Duce”, non “Mussolini”, ma semplicemente “Benito”.
È da qui che, secondo Guerri, bisogna partire per comprendere davvero il Ventennio: non dalle strutture del regime, ma dal rapporto emotivo, spesso irrazionale, tra il capo e il popolo. Un rapporto fatto di fascinazione, di potere ipnotico, ma anche di delusioni, ambiguità e violenza.
Il libro attraversa interamente la vita di Mussolini: dall’infanzia in Romagna alla militanza socialista, dalla fondazione dei Fasci di combattimento fino alla presa del potere e al disastroso epilogo del 1945. È la storia di un italiano che degli italiani non aveva una grande opinione, ma che sugli italiani esercitò una forza attrattiva profonda, quasi viscerale.
Con questo lavoro, Giordano Bruno Guerri invita a una lettura spregiudicata e disincantata della figura di Mussolini, libera da pregiudizi e semplificazioni. Perché capire cos’è stato davvero il fascismo, prima ancora che attraverso l’ideologia, passa dalla comprensione di chi fosse davvero Benito Mussolini.
Una serata, quella di Cleto, che ha unito memoria, pensiero critico e bellezza. Cleto, incorniciata dalla storia, ha così accolto uno dei momenti più intensi di questa edizione del Premio.