Un calabrese alla corte degli Sforza: ascesa e rovina di Cicco Simonetta

VIDEO | Un convegno dell’Associazione calabro lombarda promosso tra Caccuri, Milano e Pavia, fa luce sull’opera del potente diplomatico rinascimentale, messo a morte da Ludovico il Moro nel 1480

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di Monica La Torre
29 gennaio 2019
15:53
Calco in gesso di Cicco Simonetta
Calco in gesso di Cicco Simonetta

Siamo a Milano, alla fine del Quattrocento, nell’Italia dei Medici, degli Sforza, dei Savoia. Nelle città che hanno prodotto i massimi capolavori dell’arte, e dove è nata la moderna diplomazia, troviamo un calabrese di Caccuri: Francesco “Cicco” Simonetta. «Messer Cecco, uomo per prudenza e per lunga pratica eccellentissimo», come ebbe a dire Niccolò Machiavelli nelle sue Istorie fiorentine, fu ispiratore di trent'anni di strategie politiche. Uomo di punta alla corte di Francesco Sforza, è considerato dagli storici una delle menti diplomatiche più brillanti del periodo. Il diplomatico, scrittore e crittografo silano, viene oggi riconosciuto come colui che teorizzò per primo le basi di una nuova concezione dello stato. Il primo, grande burocrate moderno.


Il convegno

Un convegno in tre giornate, in corso di svolgimento tra la Calabria e la Lombardia, sta contribuendo in questi giorni a fare luce sulla reale portata storica dell’opera del Simonetta. Un’azione sinora sottovalutata, ma strategica nella definizione degli equilibri dell’ultimo Quattrocento. La serie di incontri, promossi dall’associazione CalabroLombarda ha come tema «Cicco Simonetta, il Calabrese della grande Milano». Si è aperta il 2 dicembre nella città natale del diplomatico, ha avuto il suo momento milanese il 26 gennaio, nelle sale del palazzo Reale, e si chiuderà il 2 febbraio al Castello di Pavia, città dove il Simonetta venne decapitato. A promuovere il progetto, anche la regione Calabria, che ha inserito le giornate di studio tra i nove interventi approvati dalla Consulta regionale dei calabresi all’estero, finanziandole con il piano di investimenti 2019.



Riabilitare un grande del Quattrocento

Ripercorrere le orme del Simonetta è una sfida storiografica per palati fini. Il segretario di Francesco Sforza, duca di Milano, è stato di fatto il reggente del ducato milanese dalla morte del suo Signore fino all’ascesa di Ludovico il Moro: sino a quando, cioè, il condottiero, considerando il potente funzionario un intralcio alla sua scalata al trono, lo mandò a morte. Processato sommariamente, torturato e decapitato nella Pavia del 1480. Cicco, abbandonato dalla parte della famiglia che per anni aveva provveduto a difendere, quella cioè in antagonismo al rampante Ludovico, viene considerato il vero capro espiatorio scelto dal Moro per sigillare e consolidare l’ascesa al potere. Sino alla resa dei conti, il calabrese aveva saputo muoversi con maestria tra Firenze, Milano, Roma e Napoli, divenendo protagonista d’una prodigiosa carriera, e lasciando una selva di documenti, dai quali ripartire per la definitiva riabilitazione. Fu «homo audace e che non pativa superiori», cita la Treccani: «politico avvedutissimo, buon conoscitore del diritto, delle lingue classiche, dell'ebraica, delle moderne, raccoglitore di una buona biblioteca nel suo castello di Sartirana, amico e protettore di dotti, autore di Constitutiones et ordines della cancelleria sforzesca, di Regule ad extrahendum litteras ziferatas, di un diario, di epistole».


Simbolo di Calabria

Il convegno vuole restituire al Simonetta la centralità che merita: simbolo di eccellenza culturale e politica, incarna il forte legame che, da almeno 5 secoli, lega la Calabria e la Lombardia. Tra i relatori dell’evento del capoluogo lombardo, moderato da Roberto Messina, il consigliere regionale Orlandino Greco, la prof.ssa Michela Pugliese, il prof. Carmelo Barabbetta, il dott. Domenico Piraina. «L’iniziativa nasce quasi casualmente, da una chiacchierata fatta con Salvatore Tolomeo, presidente dell’associazione CalabroLombarda», racconta Alfonso Rombolà, imprenditore calabrese radicato a Milano dai tempi del’Università, tra i primi e più forti promotori dell’iniziativa. «Passavo sotto la strada intitolata a Cicco, e capivo che andava fatta luce sul percorso straordinario compiuto da questo personaggio, che tanta parte ha avuto nella storia della città», ha quindi proseguito Rombolà. «Simonetta è un simbolo di quanti continuano, da Milano come da altre città, a lavorare senza tagliare i ponti con la terra d’origine. A fare cultura, sviluppo, a gestire processi importanti. La storia di Cicco è paradigmatica di quelli che partono, ma continuano a nutrire un legame vivo e fertile con la Calabria, contribuendo a riportare valore e ricchezza».

Giornalista
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