Collezione Bilotti

Cosenza, donate al museo all’aperto e chiuse da 4 anni in un magazzino: lo strano caso delle statue dimenticate

La questione è stata sollevata da Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, figlio del magnate che ha regalato i capolavori al Comune. Mancherebbero i soldi per i basamenti. Ecco cosa rischia l’ente

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di Alessia Principe
13 settembre 2022
11:00
Gli eredi Balla con il Pugno di Boccioni
Gli eredi Balla con il Pugno di Boccioni

Da quattro anni otto statue aspettano di essere messe in mostra. Invece sembrano naufraghe in mezzo al nulla e gli unici spettatori che ne godono sono le stelle che occhieggiano sulla campagna. Questa è una storia di burocrazia, arte e lentezza, iniziata bene (con le migliori intenzioni) e continuata meno (con un finale che, però, resta aperto). Stiamo parlando di otto opere molto preziose (parliamo di milioni di euro di valore), della collezione Bilotti, transitate a Cosenza per arricchire il Mab e parcheggiate ormai da quattro primavere in un deposito di un comune limitrofo in attesa di collocazione.

Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, figlio del magnate Enzo, più che seccato è preoccupato. «La mia famiglia ama profondamente Cosenza e non comprendo come sia possibile che questi capolavori non siano ancora sul Mab così come era stato deciso». Inizialmente le opere in stand by erano di più poi, nella scorsa legislatura bruzia, qualcuna ha trovato dimora nell’ultimo tratto dell’isola pedonale. Tutte le altre, sono ancora orfane di cielo.


L’inghippo dei basamenti

Ma qual è il problema? Ricominciamo daccapo. Le statue della collezione Bilotti (pezzi di Antonietta Raphael Mafai, Gino Severini, Mario Sironi e Giacomo Balla) vengono donate e trasferite a Cosenza. Il punto è che mancano i soldi per i basamenti. Quelli il Comune di Cosenza proprio non ce l’ha. E allora l’imprenditore Sergio Mazzuca si offre di contribuire lui stesso ma prima di agire ha necessità di avere in mano la carta di una convenzione che metta nero su bianco l’accordo con il Comune. Questo documento non arriva mai alla firma, forse neanche alla stesura. Trascorrono i mesi, trascorrono gli anni ma la situazione non si risolve. Intanto le statue vengono parcheggiate in una zona di campagna nei dintorni della città. Nessuno più ne parla e tutti sembrano essersi dimenticati che un vero e proprio patrimonio giace isolato lontano da tutti e in pericolo.

Cosa rischia il Comune e il sindaco

Ma quello che in molti non sanno è che la situazione potrebbe comportare conseguenze molto gravi per il comune di Cosenza e per il sindaco Franz Caruso anche se subentrato in un secondo momento sullo scranno da primo cittadino. Se le statue dovessero subire danneggiamenti o, peggio, dovessero sparire in seguito a un furto, il primo cittadino potrebbe risponderne penalmente.

Leggiamo cosa dice l’articolo 30 del codice dei beni culturali e del paesaggio: “Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza”. Secondo l’accordo, sotteso all’atto di donazione, le statue dovevano essere collocate solo ed esclusivamente nei luoghi indicati (Mab, Rendano), in nessun caso altrove. Per fare un esempio: se un museo ospita un Caravaggio e lo sposta da un’ala all’altra c’è tutta una procedura da rispettare che prevede anche l’autorizzazione da parte della Sovrintendenza. Figuriamoci traslocare delle opere da un corso cittadino a una zona rurale.

L’articolo 518- duodecies del codice dei BBCC recita: «Chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10mila». Insomma c’è poco da scherzare o temporeggiare.

Patrimonio d’interesse pubblico

Il Mab (Museo a Bilotti) nasce con la sottoscrizione di un protocollo d’intesa l’1 settembre del 2004. La Deliberazione è la n. 235 del 6 agosto 2004 sottoscritta dalla giunta municipale. Il Museo viene inaugurato nel 2005 dal Presidente Unesco Gianni Puglisi che lo definisce in quell’occasione «patrimonio culturale d’interesse pubblico avente valore di civiltà». All’evento inaugurale hanno partecipato anche il vice Ministro per i Beni Culturali Martuscello, il Soprintendente capitolino Eugenio La Rocca, il critico Maurizio Calvesi.

È il 10 ottobre 2019 quando con un Decreto del Ministero per i Beni Culturali n. 1088 il MAB viene dichiarato d’interesse particolarmente importante «in quanto presenta carattere d’interesse artistico di rilevanza culturale e quale testimonianza dell’identità collettiva». Per il Ministero «riveste altresì un valore testimoniale ed esprime un collegamento identitario e civico di significato distintivo eccezionale anche per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione».

Gli artisti “dimenticati”

Ed eccole le opere “dimenticate”. Il “Toro Morente”, di Antonietta Raphael Mafai scultura in marmo nero marquinia, “Uomo in bagno”, in marmo grigio botticino “Missione segreta”, in marmo nero marquinia. Tutte corredate di autentica della figlia dell’autrice, Giulia Mafai. “Attitude (Danseuse)” di Gino Severini e “Relevèe sur Pointe (Danseuse)”, i tre passi di danza scomposti, corredati di autentica della figlia dell’autore, Romana Severini (che dovevano essere sistemati su una delle ali di piazza Bilotti). Completano l’elenco “Nudo di donna acefala seduta”, di Mario Sironi, e “Linee forze del pugno di Boccioni”, statua in ferro di Giacomo Balla, realizzata dopo il 1915, omaggio all’allievo Boccioni. Infine, nella lista, troviamo anche l’Arlecchino di Gino Severini, statua in terracotta destinata al teatro Rendano.

Giornalista
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