L’anniversario

Gioacchino da Fiore, 822 anni dalla morte: i miracoli sulla tomba dell’Abate tra fede e devozione

L'urna fu venerata per oltre quattro secoli con i monaci florensi che curarono una raccolta dei prodigi del teologo trascritta da Giacomo Greco in un manoscritto del 1614

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di Francesco Oliverio
30 marzo 2024
09:55
L’urna di Gioacchino da Fiore e il testo di Giacomo Greco del 1614
L’urna di Gioacchino da Fiore e il testo di Giacomo Greco del 1614

Ricorre oggi 30 marzo l'822° anniversario della morte di Gioacchino da Fiore. Le antiche fonti biografiche di Gioacchino da Fiore attestano che a San Martino di Canale il 30 marzo 1202, nei primi Vespri della Quinta Domenica di Quaresima, alla presenza di numerosi monaci e degli abati di Corazzo, della Sambucina e di Santo Spirito di Palermo, «nel sabato in cui si canta il Sitientes, gli fu concesso – scrive Luca di Cosenza nella "Synopsis virtutum” – di non avvertire alcun dolore per la conclusione della sua vita mortale e, raggiunto il vero sabato, di affrettarsi come cervo alle sorgenti delle acque».

«Piacque infine ai suoi figli, che aveva lasciato come successori del suo magistero, trasferire la tomba di tanto padre a Fiore, ove egli riposasse sino al suono della tromba  in un cenotafio per lui preparato», racconta Giacomo Greco nella Chronologia del 1612. Entro il 1226 le reliquie di Gioacchino vennero traslate da San Martino di Canale nella nuova chiesa abbaziale di San Giovanni in Fiore e collocate nella cappella di destra del transetto, intitolata alla Vergine, in una tomba terragna. 


Questo nuovo complesso abbaziale, costruito più a valle tra il 1195 ed il 1234 in località Faraclonio o Faradomus, presso la confluenza dei fiumi Neto e Arvo, dopo la distruzione del protocenobio di Jure Vetere divenne la casa madre dell’ordine florense e ne ereditò il nome. Sul sepolcro di Gioacchino fu inciso il distico iniziale di un inno, il cui seguito è andato perduto, di Pietro di Matera: "Hic Abbas Floris coelestis gratia roris" (Questi è l’Abate di Fiore, grazia di rugiada celeste).

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I miracoli sulla tomba dell'Abate

La tomba di Gioacchino da Fiore fu venerata per oltre quattro secoli e tanti miracoli vi si verificarono. Nel 1346 i monaci florensi curarono una raccolta dei miracoli e nel 1614 Giacomo Greco li trascrisse in un manoscritto (“I miracoli operati, con l’aiuto di Dio, dal venerabile abate Gioacchino, fondatore dell’Ordine florense, raccolti da fra’ Giacomo Greco di Scigliano, teologo, e conservati nella biblioteca del monastero di San Giovanni in Fiore”). In questo manoscritto sono narrate le testimonianze di otto miracoli che si sono verificati sulla tomba di Gioacchino da Fiore: Un malato è guarito in occasione della traslazione del corpo del beato Gioacchino; I ladroni sono respinti per la protezione dell'uomo di Dio; Un monaco è rimesso in salute presso la tomba dell'uomo di Dio; Anche un novizio guarisce presso il sepolcro del beato uomo; Un'altra volta sul sepolcro si riacquista la salute; Un malato di mente rinsavisce per i meriti del beato uomo; La lampada dinnanzi al sepolcro del Padre santo si accende per intervento divino; Un cieco recupera la vista sul sepolcro dell' uomo di Dio.

«Nella testimonianza narrativa dei miracoli, descritto ora come maestro che ammonisce, ora come padre magnanimo e misericordioso che perdona e salva, ora come compagno di viaggio, e, ancora come santo da invocare in ogni necessità, l'abate Gioacchino appare in una dimensione umana e quotidiana, più comprensibile e vicina anche alle persone semplici, arricchendo e mitigando non poco quell' altra più austera figura di assorto speculatore dei misteri divini e della Sacra Scrittura»,  scrive Antonio Maria Adorisio in "I miracoli dell'Abate", pubblicati dal Centro Internazionale di Studi Gioachimiti presso Vecchiarelli Editore nel 1993.

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