La grotta della Madonna dell'angelo, storia e misteri di un luogo pieno di fascino

VIDEO | Le origini di un posto incantato che sorge a San Donato di Ninea, nell'entroterra cosentino. Qui venivano celebrati culti religiosi di longobardi e bizantini

di Saverio Caracciolo
7 marzo 2021
16:00

San Donato di Ninea si trova nell'entroterra cosentina, posto nell'alto bacino del fiume Esaro ed arroccato alle pendici del Cozzo del Pellegrino del parco nazionale del Pollino, le sue origini risalgono agli Enotri.

Poco distante al centro abitato esiste una grotta naturale scavata dall'acqua nel corso dei secoli, luogo di eremitaggio e denominata la grotta di Sant'Angelo o della Madonna dell'Angelo perché nel sesto secolo dopo Cristo con l'arrivo dei Longobardi utilizzavano questa grotta come luogo di culto.


Entrando troviamo due altari, nel primo è raffigurato proprio San Michele Arcangelo che sconfigge Lucifero. Furono i Longobardi a introdurre il culto a San Michele tra il VI e VII secolo dopo Cristo, in quanto era il loro Santo protettore.

Successivamente nel VIII secolo arrivarono i monaci Bizantini e adibirono questa grotta a luogo di eremitaggio portando con sé il culto della Madonna dell'Angelo.

La Madonna raffigurata in trono con il bambino è una figura molto particolare perché ricorda altre due figure che sono presenti in due paesi adiacenti a San Donato di Ninea, infatti si parla delle tre sorelle, la Madonna del Monte di Acquaformosa (CS), la Madonna dell'Angelo è la Madonna del Pettoruto di San Sosti (CS). 

Collegata alla prima grotta, si apre una seconda grotta naturale. Qui si sente solo il rumore delle gocce d'acqua che cadono e che fanno sì non si arresti il naturale processo di erosione della roccia. Bellissime le sfumature di colori ma anche di forme che man mano con gli anni cambiano sempre.

Ma questa grotta ancora ha dei misteri da scoprire, in quanto ci sono altre entrate tortuose con insenature basse che devono essere ancora esplorate. Nel 2012 la grotta è stata restaurata, restauro voluto fortemente dal rettore don Giuseppe Esposito, che ha riguardato sia il viale con la sua via Crucis e l'illuminazione interna.

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