Reggio Calabria ricorda i moti rivoluzionari del 1847

L'evento, previsto per martedì 29 gennaio, è promosso dall'associazione culturale Anassilaos con lo Spazio Open e con il patrocinio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria

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di Redazione
28 gennaio 2019
10:16
Moti risorgimentali in Calabria
Moti risorgimentali in Calabria

Reggio Calabria ricorda la rivolta che si sollevò il 2 settembre contro il regime dei Borboni. Una rivolta che anticipò i moti rivoluzionari del 1848 che investirono l'intera Europa, Regno di Napoli compreso. L'evento sarà ricordato nel corso di un appuntamento, promosso dall'associazione culturale Anassilaos con lo Spazio Open e con il patrocinio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, martedì 29 gennaio alle ore 17,30 nello Spazio Open della Città metropolitana. L'incontro sul tema "I moti rivoluzionari di Reggio Calabria del 1847", prevede una conversazione con Fabio Arichetta, socio della deputazione "Società Napoletana di Storia Patria" e componente deputazione storia patria per la Calabria, specializzando in scienze storiche all'università di Messina.


I moti insurrezionali in Calabria

Già prima la Calabria era stata interessata a movimenti insurrezionali, a Cosenza nel 1837 e poi ancora nel 1844, in concomitanza con la spedizione dei fratelli Bandiera fucilati, insieme ad altri patrioti, il 25 luglio del 1844 nel Vallone di Rovito alle porte di Cosenza. La situazione a Reggio Calabria si presentava apparentemente tranquilla anche se l'occhiuta polizia borbonica vigilava. Una rivista, la "Fata Morgana" animava il dibattito culturale unendo intorno a sè le forze intellettuali più vivaci della città nella quale era attivo una sorta di comitato che comprendeva, tra gli altri, Stefano Romeo, Girolamo Arcovito, Domenico Muratori, Antonino Plutino, Domenico Spanò Bolani, Giovanni Carrozza, Antonio Furnari, Cosimo Repaci e ancora Gian Domenico Romeo, di Santo Stefano di Aspromonte, i fratelli Antonino e Agostino Plutino, Casimiro De Lieto e il canonico Paolo Pellicano, che con la sua partecipazione dimostra come la stessa Chiesa fosse divisa in merito alla stessa Unità d'Italia.


 

Un'esperienza analoga: quella siciliana

Nel giugno del 1847 venne presa la decisione di promuovere una insurrezione nell'area dello Stretto, sia a Messina che a Reggio Calabria. Nonostante che a Messina la rivolta fosse stata anticipata di un giorno, svelando così le trame dei rivoltosi, a Reggio si procedette come stabilito e il 2 settembre la città cadde in mano ai rivoltosi tra i quali operava anche il sacerdote di Sant'Alessio d'Aspromonte Francesco Surace, mentre la rivolta si propagava in altri distretti della provincia. La sera del 2 settembre fu costituita una Giunta provvisoria presieduta da Paolo Pellicano, ma era evidente che senza l'apporto di Messina e di altre forze rivoluzionarie il tentativo, al pari di altre esperienze mazziniane, era destinato al fallimento.
La rivolta preoccupò il governo borbonico che da Napoli inviò le navi Il Ruggiero e Il Guiscardo, con circa tremila uomini, al comando del generale Nunziante che riconquistò la città dando avvio ad una opera di repressione spietata che riguardò anche il distretto di Gerace con la fucilazione di Michele Bello, Pier Domenico Mazzoni, Gaetano Ruffo, Domenico Salvadori e Rocco Verduci (i cosiddetti Martiri di Gerace). A Reggio Calabria Domenico Romeo fu ucciso e decapitato. Altri riuscirono a mettersi in salvo come i Fratelli Plutino. Ad altri la pena capitale fu commutata con in ergastolo.

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