Tra gli studenti a parlare di mafia, il procuratore di Vibo: «Date il vostro contributo alla legalità»

VIDEO | Camillo Falvo è intervenuto all'incontro organizzato al liceo classico Morelli sulle atrocità della lupara bianca e le vittime innocenti di 'ndrangheta. Toccanti le testimonianze di Sara Scarpulla e Vincenzo Chindamo

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di Rossella  Galati
18 maggio 2021
16:10

«Parlare ai giovani è il modo migliore per combattere l'illegalità», così il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo, parlando agli studenti del liceo classico Morelli di Vibo Valentia, diretto dal dirigente Raffaele Suppa, nell'ambito della Settimana della legalità, nel corso dell'incontro "La lupara bianca e le vittime innocenti di mafia”.

Una serie di appuntamenti per far capire ai giovani «l'importanza di schierarsi dalla parte giusta, senza se e senza ma». Dopo aver ripercorso le tappe del suo percorso professionale che lo ha portato a guidare la procura vibonese, Falvo ha messo in evidenza le criticità di un territorio difficile, in cui ora più che mai, alla luce delle diverse operazioni anti 'ndrangheta, fino al maxi processo Rinascita Scott, «diventa fondamentale contribuire in tutti i modi alla lotta diffusa ad ogni tipo di illegalità». Una rivoluzione sociale è dunque quella invocata da Falvo: «Ogni volta che non denunciamo qualcosa, rinunciamo ad un pezzo di legalità». Nel corso dell'incontro, ai giovani è stata poi spiegata l'atrocità del fenomeno della lupara bianca, analizzata in tutti i suoi aspetti da Alessandro Bui, comandante della I sezione del nucleo investigativo di Vibo Valentia che ha lasciato il suo messaggio: «Non avete più scuse per non essere onesti, vi invito a essere persone migliori e integre già da oggi. Per noi è lavoro, per voi è la vita».


Le testimonianze

Ospiti della manifestazione Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, l'impenditrice di Laurena adi Borrello, scomparsa aLimbadi il 6 maggio 2016 e Sara Scarpulla, mamma di Matteo Vinci, ucciso nel 2019 da un'autobomba sempre a Limbadi. Nelle loro parole un chiaro messaggio ai giovani: «Accettato con piacere inviti come questo – ha detto Vincenzo - per il fine che ha la mia presenza in mezzo a voi. L'assenza di Maria crea un continuo tormento. Amo raccontare la storia di Maria ai giovani, una storia che non nasce in contesti della criminalità organizzata. Ha iniziato da giovane la sua storia di libertà e di amore». Inizia così il suo racconto, condividendo con gli studenti i sogni di Maria: studiare, lavorare, avere dei figli e stare bene nel suo territorio con tutte le difficoltà che avrebbe incontrato. «Nel suo percorso di libertà, non si è fatta mai fermare dalle difficoltà. A un certo punto però si scontra con la cultura mafiosa». Quella stessa cultura mafiosa che le ha tolto la vita. «Sono certo che ognuno di noi può fare qualcosa - ha aggiunto Chindamo -. E allora interroghiamoci tutti i giorni su cosa possiamo fare per essere determinanti nello sconfiggere la cultura mafiosa, a partire dalla scuola». C'è tanto desiderio da parte della famiglia Chindamo di stare accanto al territorio per combattere la criminalità: «Intorno a noi c'è lo Stato, c'è il governo, le forze dell'ordine, le associazioni. E allora dobbiamo iniziare a fare i primi passi, ognuno nel proprio ambiente, anche tramite i social, perchè anche così si inizia a fare un passo in più e uno a uno, si farà un cammino grande che porterà a non avere terreno sotto i piedi alla criminalità organizzata. Siamo tutti armati e le nostre armi sono belle: parliamo bene del nostro territorio. Da quel 6 maggio di 5 anni fa, giorno della scomparsa di Maria, ho conosciuto tantissima bella gente che ha solo bisogno di fare gruppo e davanti a questa rete che vuole riscattare un territorio come il nostro, la ndrangheta non avrà mai l'ultima parola».

Speranza nei giovani

È stata poi la volta della mamma coraggio Sarà Scarpulla, il cui figlio Matteo Vinci è stato fatto saltare in aria con un'autobomba a Limbadi. «Dovrei parlare di 30 anni di vessazioni e soprusi della famiglia Mancuso ma voglio dirvi chi era Matteo, un giovane sano, innocente che non aveva mai avuto contatti con la parte malata del suo paese. Da quando Matteo non c'è più non mi sono mai fermata e non mi fermerò mai, nemmeno dopo aver avuto la giustizia dalla mia parte perchè tutto questo non deve finire qui. Voglio lottare per i giovani».

 

Giornalista
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