Assistenti socio-sanitari sul piede di guerra: «Part-time da oltre 10 anni»

VIDEO | Monta la protesta nell'ospedale Spoke di Corigliano-Rossano dove circa 100 operatori lavorano con un contratto che gli permette di guadagnare uno stipendio inferiore alla soglia di povertà. Oggi chiedono un intervento deciso dell'Azienda Sanitaria e dell'ufficio del commissario 

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di Marco  Lefosse
15 maggio 2019
10:48

«Il nostro salario da ormai 13 anni è inferiore alla cosiddetta soglia di povertà. In pratica guadagneremmo di più se rimanessimo a casa con il reddito di cittadinanza». Sta tutto qui il senso dell’indignazione e della protesta che da qualche giorno – da quando è partita la grande azione di sostegno al reddito voluta dal Movimento 5 Stelle -  sta soffiando tra la maggior parte degli assistenti socio-sanitari che operano nell’ospedale Spoke di Corigliano-Rossano. Un drappello di quasi 100 lavoratori che, assunti con concorso nel 2006, attendono ancora l’adeguamento del loro contratto lavorativo.

Stamattina in una ventina si sono dati appuntamento davanti all’ingresso del nosocomio “Nicola Giannettasio”, accompagnati dai rappresentanti sindacali provinciali del NurSind, in attesa che dal management dell’Asp di Cosenza e dall’ufficio del Commissario ad acta per la Sanità in Calabria, giunga un «sussulto»


«È davvero una condizione vergognosa – dice una delle operatrici ospedaliere – oltre che mortificante. Il nostro è un lavoro usurante che ci porta ogni giorno a confrontarci con realtà difficili eppure le nostre istanze rimangono inascoltate. Siamo stati assunti con la prospettiva che i nostri contratti sarebbero stati trasformati da part time a full time e invece oggi non solo lavoriamo con salari che stanno al di sotto della soglia di povertà ma ci sentiamo anche un po’ presi in giro perché chi sta a casa e percepisce il reddito di cittadinanza guadagna più di noi».

«Part-time a vita»

«Stiamo ancora aspettando un adeguamento del contratto – fa eco un’altra assistente socio-sanitaria – dal lontano 2006. E quello che fa più rabbia è la modalità con cui ci venne imposto il contratto di lavoro. Perché dappertutto il part-time è una scelta del lavoratore mentre in Calabria diventa un’imposizione. E questo è inaccettabile»

La questione degli Operatori socio-sanitari

Qualcun altro, con il conforto del sindacato, lamenta anche «l’anomala» – a loro avviso - assunzione delle nuove figure professionali degli operatori socio-sanitari. «Ci hanno imposto dei corsi di aggiornamento – dicono – per equiparare le nostre mansioni a quelle degli OSS per poi alla fine assumere da graduatorie non ben definite i nuovi corsisti lasciando noi in una situazione di semi precarietà lavorativa».

«Questi – dice Cosimo Buonofiglio, segretario territoriale Cosenza del sindacato NurSind – sono ausiliari che attendono da anni il riconoscimento del tempo pieno. Sono stati sottoposti ad un corso di riqualificazione come operatorio socio-sanitari e attendono parimenti l’inquadramento in questo ruolo. Noi ci rivolgiamo a tutte le istituzioni provinciali e regionali per finire alla struttura commissariale, affinché si faccia carico di questi lavoratori e delle loro famiglie che oggi sono costretti a vivere con un stipendio di 600 euro mensili che è ben al di sotto della cosiddetta soglia di povertà, riconosciuta a 780 euro».  

Giornalista
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